La Guerra è finita, tra le polemiche “Con Prima gli Italiani si dimenticano gli errori passati” | Video

La Rai è servizio pubblico e La Guerra è finita è un potente esempio di questa funzione alla base dell’azienda. Si respira un’aria diversa, particolare quasi durante la presentazione di questa nuova fiction davvero molto coraggiosa che tratta il tema dell’Olocausto da un punto di vista particolare e diverso dal solito. Sono trascorsi solo pochi giorni dalla fine del secondo conflitto mondiale. È l’alba di una nuova era e di una nuova vita per tutti ma, per chi ha vissuto l’orrore dei lager nazisti ed è miracolosamente sopravvissuto, il ritorno a casa non è sufficiente a lenire tutto il dolore, né tanto meno mettere la parola fine all’incubo.

Eleonora Andreatta spiega perché Rai Fiction (pronta a lanciare anche Don Matteo 12) ha voluto fortemente realizzare La Guerra è finita: “È parsa una storia necessaria ed indispensabile. Racconta di una resurrezione di un gruppo di bambini e ragazzi, di un futuro che rinizia lasciandosi alle spalle. Il servizio pubblico ha il dovere della memoria. Questo è un affresco ampio, è la prima volta che la Rai porta alla luce con la serialità una storia che ha un fondamento reale”. Anche la Palomar di Carlo Degli Esposti non si è fatta scappare la possibilità di partecipare a questa produzione dal significato tanto importante:

“Quando per caso tornando da Israele venni a sapere che la radio cercava persone che avessero conosciuto Perlasca a Budapest mi scattò il bisogno di capire cosa si nascondesse dietro a questa storia. A distanza di 20 anni abbiamo deciso di trarre una storia originale basata su un racconto reale. Aver prodotto una storia che si chiama la guerra è finita quando forse potrebbe iniziare di nuovo è singolare e drammatico, ma il ricordare le storie individuali che hanno fatto rinascere dall’orrore della guerra è il monito più forte affinché non succeda più”.

In un’Italia provata, miserabile, ridotta in macerie, la riscoperta del rispetto reciproco, della solidarietà, della voglia di giocare, studiare, lavorare e amare è raccontata nella nuova serie tv La guerra è finita, ha la delicata regia di Michele Soavi che dopo gli ultimi grandi successi “Rocco Schiavone” e “Mentre ero via” cambia completamente genere dimostrando di essere un narratore poliedrico:

“Quando scelgo una storia mi deve colpire, non mi interessa il genere da affrontare. Il segreto per La Guerra è Finita è stato lavorare con la giusta delicatezza. Ho pianto e mi ha emozionato come pochi lavori nella mia vita, probabilmente per aver ritrovato la storia della mia famiglia perché mia nonna si chiamava Levi ed era la cugina di Natalia Ginzburg. Da piccolo recitavo la filastrocca del re degli elfi di Goethe, una storia che racconta di un papà che cavalca in cerca del figlio e per me quel papà è Michele Riondino. La serie è intrisa di speranza. I piccoli attori sono stati meravigliosi, si è creato più una famiglia che un gruppo di lavoro e ci siamo anche divertiti”.

La serie La Guerra è Finita è stata interamente girata nel territorio della provincia di Reggio Emilia e porta la firma di Sandro Petraglia, presente anche lui alla presentazione:

“Anni fa ho collaborato ad una riduzione de La tregua ed al tempo avevo analizzato la seconda pagina di Primo Levi, che parla appunto di un bimbo che non ce la fa a sopravvivere. Penso che quell’emozione abbia lavorato dentro me. È impossibile rendere il lager, ho pensato che forse l’unico modo era raccontare il dopo. C’era la possibilità di raccontare l’Italia che rinasceva dalle macerie e lo stupore di scoprire cosa era accaduto nei campi. L’orrore di quella scoperta è quello che scoprono mano a mano i protagonisti della nostra storia”.

Quelli trattati ne La Guerra è Finita sono i giorni successivi alla Liberazione. La follia della guerra è terminata ma, per i pochi superstiti delle deportazioni rientrati in Italia, si apre una nuova difficile realtà. Negli occhi e nel cuore sono vive e sanguinanti le ferite per le atrocità viste e subite nei campi di concentramento dove, spersonalizzati e depredati della dignità, sono stati vittime di oltraggi di ogni genere. In questo scenario terribile troviamo il protagonista Davide, un giovane ebreo ex ingegnere, interpretato da Michele Riondino, che cerca come un disperato di trovare sua moglie e suo figlio deportati prima di lui:

“Questo progetto è particolare rispetto agli altri che hanno trattato questo argomento, perché ci ha dato la possibilità di ascoltare la storia dal punto di vista delle vittime “fresche”, cioè appena salvate subito dopo la fine della guerra. Le loro sono voci pulite ed inconsapevoli di tutto l’orrore che è accaduto. Avere il dovere e la responsabilità di raccontare gli aspetti più profondi e dolorosi di questa storia è stato un valore aggiunto durante la lavorazione sul set, ma non abbiamo mai dimenticato di tutelare i piccoli interpreti. Abbiamo smesso di essere attori, eravamo soltanto due adulti che raccontavano una storia ad un bambino di sei anni”.

Poi c’è Giulia, interpretata da Isabella Ragonese, figlia di un imprenditore che ha collaborato con i nazisti, che si dà da fare come volontaria per cancellare l’onta paterna. Vivrà un’intensa e sorprendente storia d’amore durante La Guerra è Finita:

“Il mio personaggio è un bellissimo affresco, devo ringraziare la storia e Michele Soavi che mi ha guidata. Tutti facciamo il conto con il passato durante la storia, anche  Giulia che viene da una famiglia alto borghese e non avendo vissuto le terribili conseguenze della guerra è divorata dal senso di colpa. Questo è il motore che la porta a voler far parte a tutti i costi di questo gruppo, della “Bella Italia”, di questi uomini e donne che hanno voluto ricostruire l’Italia. Lei crede nel valore della testimonianza, è giustamente convinta che se non si chiariscono le responsabilità non si può poi andare avanti. Ringrazierò sempre chi mi ha dato la possibilità per la prima volta di riflettere su questa storia da un differente punto di vista, dobbiamo avere la sensibilità di essere toccati da questa vicenda per poter raccontare l’orrore e farlo comprendere dalle nuove generazioni”.

Andrea Bosca già volto noto di Rai 2 ne “La Porta Rossa” interpreta Stefano, il ragazzo che si innamora follemente di Giulia e la mette al centro dei suoi pensieri, dando quel tocco romance che da sempre caratterizza qualsiasi fiction Rai più o meno drammatica:

“Questo personaggio mi ha davvero emozionato Abbiamo raccontato questa storia con verità, col cuore. Mi ha lasciato un segno. Tutti i personaggi arrivano al casolare spinti dai propri bisogni, Stefano arriva lì per l’amore che prova nei confronti di Giulia, ma è dopo che capisce il vero senso della sua presenza in quel luogo, lì si mette in gioco. Questo personaggio rappresenta chi di noi deve ancora compiere una scelta

Se per “La Porta Rossa” spiega “È presto per la terza stagione, ma da quello che so è in fase di scrittura”, quando si parla d’infanzia e sociale Andrea Bosca è molto più loquace. L’attore è uno dei promotori della prima ora di Every Child is My Child e lo ha ricordato anche oggi:

“Nessuno pensava che noi attori volessimo aiutare i bambini, forse per questo è davvero bellissimo lavorare con loro come accaduto oggi. Sono stati fantastici e divertenti, anche grazie alla guida di Michele. Per la nostra fondazione spero che potremo realizzare magari un grande concerto in un teatro qui vicino a Roma durante il quale raccogliere fondi”

Non sarebbe una presentazione stampa senza qualche polemica, specie su un tema così delicato. Quando viene chiesto da Paolo Scotti de “Il Giornale” del perché sia stata portata sul piccolo schermo l’ennesima storia con al centro l’Olocausto rispetto magari ai Gulag il protagonista Michele Riondino usa parole molto forti:

“La sua domanda è a favore di una reinterpretazione della Storia. Non può sminuire comparando vittime ad altre vittime che nulla hanno a che fare con la nostra storia. Non parliamo di gulag perché da noi non ci sono stati, non parliamo dei comunisti perché da noi non hanno ucciso. Parliamo di Italiani che hanno ammazzato altri Italiani. Ancora oggi al seguito di ‘Prima gli Italiani’ si tende a dimenticare ed a ripetere gli errori”, con Carlo Degli Esposti che continua dicendo “Se questa è retorica vorrei morire ogni giorno di retorica”

“La guerra è finita” racconta la storia di chi è sopravvissuto e ha trovato una nuova via per tornare alla vita, quella piena, quella in cui il dolore lascia spazio alla speranza per un domani migliore, dove nessuno debba mai più rivivere l’orrore delle deportazioni. È una storia di rinascita che vi aspetta su Rai 1 in quattro prime serate a partire da lunedì 13 gennaio.

La Guerra è Finita | Anticipazioni prima puntata

La guerra è finita, prima puntata
La guerra è finita, prima puntata

È l’aprile del 1945. All’indomani della Liberazione iniziano a tornare in Italia, dai campi, gli ebrei sopravvissuti al nazismo. Tra questi, ci sono dei bambini. Davide, un ex ingegnere che fa parte del CLN, si reca alla frontiera alla ricerca del figlio Daniele, deportato due anni prima con sua moglie Enrica. Di Daniele non c’è traccia, ma al suo posto c’è un bambino della sua età, Giovanni, muto per i traumi subìti. E insieme a lui ce ne sono altri: Gabriel, Miriam, le sorelle Alisa e Lila… Tutti sopravvissuti ai campi, tutti senza nessuno che si prenda cura di loro. Davide li porta a Milano, dove spera che possano ricongiungersi con le loro famiglie, ma una volta arrivato al Centro Rifugiati scopre che non c’è più posto per accogliere loro né i ragazzi arrivati con Ben, un ex ufficiale della Brigata Ebraica, e con Giulia – una pedagogista di buona famiglia che si dà da fare come volontaria. Davide allora ha l’idea di portarli tutti in una Tenuta che conosce, abbandonata dai tempi della guerra. Qui, il giorno precedente, è arrivato pure Mattia, un diciottenne anche lui orfano, ma con una storia molto diversa dagli altri: ha militato nella Guardia Repubblicana e si è nascosto nella Tenuta per sfuggire ai partigiani.

Davide, Ben e Giulia si mettono subito all’opera e con l’aiuto dei ragazzi allestiscono le camerate e rimettono in funzione acqua e riscaldamento, pur rendendosi conto che – anche se ora la guerra è finita – tornare a vivere non sarà facile per nessuno. Davide non vorrebbe rimanere lì con loro ma, tornato nel suo appartamento, non ce la fa: ogni cosa gli parla di Enrica e Daniele. Così torna dai ragazzi e soprattutto da Giovanni, che ha la stessa età di suo figlio Daniele, e con cui instaura un rapporto speciale. Al gruppo si aggiungono altre due volontarie: Eugenia, una maestra cattolica, e Susanna, una pediatra che ha con sé la figlia Ester, alla quale è riuscita a evitare la deportazione. Qualche giorno più tardi, arriva un nuovo treno carico di ex deportati e, da un suo ex vicino di casa che è stato preso assieme a sua moglie e a suo figlio, Davide scopre che Enrica e Daniele hanno stazionato al campo di Fossoli prima di essere caricati su un treno diretto in Polonia. Intanto, ai cancelli del vecchio collegio, arriva Sara, 16 anni, anche lei scampata ai campi. È così stremata che sviene tra le braccia di Gabriel. I bambini si moltiplicano e la Tenuta si riempie di voci, corpi, colori. Ma è dura: il ricordo del lager è ancora recente e le regole imposte da Ben, che ha organizzato la Tenuta come un kibbutz, non sono facili da accettare perché i ragazzi, specie i più grandi, non sopportano più nessun dettame, nessuna serratura, nessun cancello chiuso.

Giulia comincia a raccogliere le testimonianze dei ragazzi, cercando di vincere la loro ritrosia, convinta che sia necessario parlare, raccontare, per superare l’orrore che hanno vissuto, andando incontro alle prime delusioni: né Sara né Gabriel accettano di parlare poiché non vogliono ricordare nulla del loro passato più recente. Mentre Davide cerca tracce di Enrica e Daniele nei registri, Mattia riesce a mettersi in contatto con i suoi ex commilitoni, il Tenente Bianchi e altri fedelissimi che stanno organizzando il lungo viaggio in nave verso l’Argentina e viene incaricato di trovare del denaro alla Tenuta, ma ha un grande peso sul cuore perché sta cominciando ad affezionarsi a quel posto, a quei ragazzi così diversi da lui e soprattutto a Miriam. Però, proprio quando cose iniziano lentamente ad andare meglio, con l’arrivo degli approvvigionamenti e di qualche aiuto, all’improvviso arriva una brutta sorpresa: i marchesi Terenzi rivogliono quel posto, bisogna sgomberare. Ora che succederà?

 

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