3 ottobre 1935: l’Italia invade l’Etiopia
02/10/2010 di Alessio Fratticcioli
Dopo oltre settant’anni, le imprese del fascismo in Africa Orientale non cessano di dover essere ricordate. I bombardamenti su popolazioni civile e carri bestiame, in violazione della Convenzione di Ginevra, sono una delle pagine più oscure della nostra storia recente.
All’alba del 3 ottobre 1935, le truppe italiane invadono l’Etiopia, scatenando la seconda guerra italo-abissina. L’invasione, guidata dal generale Emilio De Bono, era stata decisa e pianificata già nel 1932 su ordine del dittatore Benito Mussolini. Al tempo, l’Etiopia era uno dei pochi paesi africani non colonizzato da una potenza europea. Confinante con le colonie italiane di Eritrea e Somalia, costituiva una preda ovvia per le mire imperiali di Mussolini, ansioso di unire tutta questa parte di Africa orientale sotto il suo comando. Inoltre, il nuovo territorio sarebbe servito come sfogo ai gravi problemi economici dell’Italia, che intaccavano il prestigio del regime; nello stesso tempo avrebbe offerto una soluzione al sovraffollamento della penisola, incanalando l’emigrazione italiana verso una colonia italiana invece che disperderla in Europa o America.
VITTORIA MUTILATA – Per tutto il 1935, l’esercito italiano aveva costruito la sua presenza militare lungo il confine dell’Etiopia, mobilitando decine di migliaia di soldati, artiglieria e forze aeree. Alla vigilia dell’invasione, il 2 ottobre, Mussolini annunciò la dichiarazione di guerra all’Etiopia con un discorso pieno di demagogia nazionalista davanti a una folla di camicie nere fasciste riunite sotto Palazzo Venezia. “L’ora solenne sta per scoccare!” – gridò il dittatore alla folla in delirio-“Questa manifestazione vuole significare che l’identita’ tra Italia e fascismo e’ perfetta, assoluta e inalterabile.” Successivamente, rispolverando i temi della “vittoria mutilata”, Mussolini ricorda ai popoli di Gran Bretagna e Francia i sacrifici – a suo avviso non adeguatamente ricompensati – sopportati dagli italiani durante la Grande Guerra (Prima Guerra mondiale). L’episcopato italiano si schierò per l’ennesima volta col Fascismo, a favore della guerra e del colonialismo, presentando l’impresa del Duce come una crociata. Una delle prime decisioni assunte da De Bono sul territorio abissino conquistato fu la liberazione degli schiavi e l’abolizione della schiavitù il 14 ottobre 1935.
ARMI BATTERIOLOGICHE – Invadendo la nazione indipendente africana, difesa da un esercito dotato di armi obsolete ma membra come l’Italia della Società delle Nazioni, l’Italia aveva violato l’articolo XVI dell’organizzazione medesima: “se un membro della Lega ricorre alla guerra, infrangendo quanto stipulato negli articoli XII, XIII e XV, sarà giudicato ipso facto come se avesse commesso un atto di guerra contro tutti i membri della Lega, che qui prendono impegno di sottoporlo alla rottura immediata di tutte le relazioni commerciali e finanziarie, alla proibizioni di relazioni tra i cittadini propri e quelli della nazione che infrange il patto, e all’astensione di ogni relazione finanziaria, commerciale o personale tra i cittadini della nazione violatrice del patto e i cittadini di qualsiasi altro paese, membro della Lega o no”. Per questo motivo, la Società delle Nazioni, espressione principalmente della volontà della Francia e del Regno Unito (i due stati più forti ed influenti), condannò l’Italia e impose delle sanzioni economiche. Le sanzioni risultarono pero’ inefficaci perché numerosi paesi, pur avendole votate ufficialmente, mantennero buoni rapporti con l’Italia, rifornendola di materie prime. Inoltre, le sanzioni non riguardarono materie di vitale importanza, come ad esempio il petrolio. Ad ogni modo la guerra d’Etiopia rappresenta una svolta fondamentale nell’evoluzione della dittatura fascista in quanto provoca il ravvicinamento tra l’Italia e la Germania hitleriana. Impossibile non menzionare che tra le vergogne della guerra italiana in Etiopia ci fu l’utilizzo dei gas, vietati dalla convenzione di Ginevra del 1925. Alcuni recenti studi riconducono in ultima analisi la responsabilità sull’uso di tali ordigni direttamente a Mussolini, che in diversi ordini telegrafati ai due comandanti al fronte ne avrebbe autorizzato l’uso in caso di estrema necessita’. Gli storici tuttavia non sono ancora sicuri se i gas siano stati utilizzati in maniera modica e eccezionale o su larga scala. Ad esempio, lo storico Petacco sostiene che questi bombardamenti erano attuati “non con tale frequenza da poter sensibilmente mutare il corso della guerra” (Arrigo Petacco, “Faccetta nera”. Storia della conquista dell’impero), mentre di diverso avviso è Del Boca, secondo il quale i bombardamenti furono continui e devastanti – gli italiani bombardavano anche il bestiame e i corsi d’acqua, al fine di far mancare agli etiopi ogni tipo di sostentamento. I numeri che fornisce Del Boca furono ripresi nel 1996 dalla relazione che il generale Corcione, allora ministro della Difesa, che riferi al Parlamento che gli italiani sganciarono in Etiopia circa 85 tonnellate di iprite con bombe da aereo, nonché proiettili di artiglieria caricati ad arsine e vescicanti. Di fronte alla resistenza degli etiopi Mussolini non esitò ad approntare anche un fornito arsenale di aggressivi batteriologici (bombe caricate con i bacilli del colera, del tifo, della dissenteria bacillare) stoccato nel deposito di Sorodocò in Eritrea, accanto a 6170 quintali di aggressivi chimici. (Angelo Del Boca, La guerra d’Etiopia. L’ultima impresa del colonialismo).
L’ETIOPIA E’ ITALIANA – Un ennesimo crimine di guerra commesso dagli italiani si verifico’ il 30 dicembre 1935 con il bombardamento italiano a Malca Dida, eseguito secondo gli espliciti ordini di Graziani. Il bombardamento distrusse un ospedale da campo svedese con i contrassegni della Croce Rossa provocando la morte di 28 ricoverati e di un medico svedese. La notizia farà il giro del mondo, sollevando lo sdegno generale. I combattimenti durarono sette mesi, l’Italia avanzo’ lentamente e Mussolini decise di sostituire Del Bono con Pietro Badoglio. Infine, il 5 maggio 1936, le truppe di Badoglio entrarono nella capitale Addis Abeba determinando vittoria italiana e la creazione dell’Africa Orientale italiana. Di nuovo a Palazzo Venezia, Mussolini dichiarò:
Camicie nere della Rivoluzione, uomini e donne di tutta Italia, Italiani e amici dell’Italia, al di là dei monti e al di là dei mari: ascoltate. Il Maresciallo Badoglio mi telegrafa: «Oggi 5 maggio, alle ore 16, alla testa delle truppe vittoriose, sono entrato in Addis Abeba».Durante i trenta secoli della sua storia l’Italia ha vissuto molte ore memorabili, ma questa di oggi è certamente una delle più solenni. Annuncio al popolo italiano e al mondo che la guerra è finita. Annuncio al popolo italiano e al mondo che la pace è ristabilita. Non è senza emozione e senza fierezza che, dopo sette mesi di aspre ostilità, pronuncio questa grande parola, ma è strettamente necessario che io aggiunga che si tratta della nostra pace, della pace romana che si esprime in questa semplice, irrevocabile, definitiva proposizione: l’Etiopia è italiana.
Lo sara’ per pochi anni, ma la vergogna per l’aggressione e i crimini rimarra’ indelebile.