L’ipotesi del social engineering e il ruolo del cyberbullismo nella vicenda del tiktoker Inquisitor

Sulla storia stanno indagando le forze dell'ordine di Bologna, perché ci sono delle ipotesi ancora tutte da verificare sulle motivazioni che hanno spinto il giovane al gesto estremo

13/10/2023 di Gianmichele Laino

La rete è un labirinto e la storia di Vincent Plicchi, il cosplayer con 100mila followers su TikTok che si è tolto la vita, ci dimostra quanto questo labirinto possa essere difficile, confondente, un rompicapo difficilissimo da risolvere. I fatti ve li abbiamo raccontati. Un suicidio in diretta TikTok, con il video che – purtroppo – continua a circolare in qualche chat. Le cause di questo gesto, tuttavia, sono sempre da ricercare all’interno della rete e delle sue dinamiche che possono essere davvero perverse. Quella che stiamo raccontando in questo articolo è la teoria della famiglia di Vincent Plicchi, dei suoi legali, nonché una delle piste che gli inquirenti stanno battendo. Ed è una teoria che prende come punti di riferimento due fenomeni della rete: il cyberbullismo, in primis, e una particolare declinazione del social engineering.

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Ipotesi suicidio tiktoker Inquisitor: il ruolo del cyberbullismo e del social engineering

Partiamo dalle parole del padre di Vincent Plicchi, che ha rivolto un appello via social ai giovani che seguivano il figlio e che ha rilasciato un’intervista al quotidiano La Repubblica. «Mio figlio – ha scritto Matteo Plicchi – era un creatore molto originale, era un vero artista, ma l’invidia di queste inutili persone malvagie lo ha ucciso, hanno organizzato una storia falsa sul mio amato figlio, così delicato dentro e non poteva sopravvivere per essere così aggressivamente diffamato e l’unico modo che ha trovato per ’proteggersi’ dal disonore e dimostrare la sua innocenza è stata la sua morte». L’avvocato della famiglia, Daniele Benfenati, ha spiegato al Resto del Carlino: «Esistono delle confessioni online rispetto a quanto accaduto e dimostrano che tutto è stato pianificato. Bisogna indagare».

A cosa si riferiscono? Su TikTok – e su altri social network – si parla di un account che – dando alcune indicazioni fittizie sulla propria età – ha prima offerto aiuto a Inquisitor per l’editing dei suoi video e poi, con il supporto di un altro influente account di TikTok (da oltre 1 milione di followers, account che al momento risulta sospeso), ha fatto circolare la notizia di presunte molestie virtuali ricevute dallo stesso Inquisitor. In seguito alla circolazione di questa storia, il profilo di Inquisitor era stato letteralmente bersagliato da insulti e attacchi di ogni sorta. Questi commenti hanno portato, per prima cosa, Vincent Plicchi a distaccarsi dai social per un certo periodo di tempo. Poi, evidentemente, a compiere il gesto estremo. Il padre, ad esempio, ha raccontato che – addirittura – il ragazzo aveva smesso di aggiornare anche il profilo del suo negozio di tatuaggi.

False piste e illazioni sui social, un mix insostenibile per Inquisitor

Dunque, il mix incredibile di due fenomeni tipici delle relazioni social in rete: il social engineering e il cyberbullismo. Il primo ha molto a che fare con la tecnica utilizzata dalla persona che è entrata in contatto con Vincent Plicchi per fargli da editor. Secondo alcune testimonianze, avrebbe mentito sulla sua età e lo avrebbe portato a chattare di argomenti legati alla sfera sentimentale. Queste conversazioni, decontestualizzate, sarebbero state raccolte e poi – in seguito – pubblicate con il supporto del suo ragazzo (altro creator di TikTok in ambito gaming) che avrebbe fatto da cassa di risonanza per queste conversazioni. Secondo le testimonianza, si tratterebbe di due utenti non italiani. Da qui, poi, l’effetto a catena: l’ampio seguito su cui potevano contare ha innescato una sorta di domino, per cui diversi creator appassionati di Call of Duty (l’ambito di interesse dei contenuti di Vincent Plicchi, alias Inquisitor) hanno mosso contro di lui accuse basate su quello che era stato detto loro e che non era verificato.

Ricapitoliamo: il fatto di aver mentito sulla propria età, il fatto di aver estrapolato delle conversazioni e di averle riportate fuori contesto, il fatto di averle messe in circolazione rappresentano sicuramente delle declinazioni del social engineering. La conseguente shitstorm che si è riversata sui profili social di Plicchi ha fatto il resto. Adesso, questa ipotesi è tutta al vaglio degli inquirenti: il padre del ragazzo ha già avuto modo di raccontare tutto ai carabinieri di Bologna.

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