«Il territorio è sempre legato a una cultura, e la cultura è anche culinaria»

Viaggiare e mangiare tra i borghi italiani. Un’intervista a Cristina Puleo e Andrea Razeto di Borghingordi

15/04/2023 di Hilde Merini

Per comprendere il lavoro sui social di Cristina Puleo e Andrea Razeto basta seguire le bricioline lasciate sul web dal loro naming: Borghingordi. Food & Travel, come recita la loro bio di Instagram. Un nome penetrante, che resta nella testa e strappa un sorriso, ma che soprattutto identifica subito il progetto senza troppi giri di parole. Questo è un particolare per comprendere la storia e l’evoluzione del lavoro portato avanti dal duo romano.  

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Intervista ai Borghingordi: il segreto del naming

Nascono come Borghiadvisor e diventano, durante il loro percorso, Borghingordi. «Eravamo una pagina che parlava soltanto di borghi, la guida per eccellenza; poi abbiamo iniziato a scoprire tutta la parte food legata al territorio – ci raccontano -, pertanto il nostro nome non era più rappresentativo della nostra doppia anima e di quello che volevamo fare». Un passaggio obbligatorio per rimanere coerenti, un filo che non deve spezzarsi, che lega un contenuto a un naming. Una modifica, la loro, che ha inoltre avuto un impatto positivo sulla perfomance della pagina: i ragazzi hanno infatti raccolto commenti positivi da parte della community, da follower vecchi e nuovi.  

Il motivo è che il nome «definisce un minimo la pagina a primo impatto, soprattutto per un utente che non segue» ci dice Cristina, che aggiunge alla nostra riflessione un particolare importante legato alla Search Engine Optimization, ovvero al posizionamento sui motori di ricerca. Un buon naming, infatti, non ha solo l’effetto di rimanere impresso nella memoria e di spopolare sui social, ma «ha un valore concreto, perché aiuta la tua pagina a essere indicizzata» sui motori di ricerca stessi. Un particolare assolutamente da non sottovalutare per chi vuole avvicinarsi alla professione.  

Diverso il discorso, lato contenuto. Pazienza, costanza e creatività sono le tre principali caratteristiche che deve avere il professionista, secondo Andrea e Cristina: «La bravura di un content creator arriva al pubblico dopo un po’» ci spiegano, e bisogna avere la pazienza di aspettare di vedere i primi risultati del proprio lavoro. L’attesa viene ripagata quando ci si rende conto di «aver svoltato il weekend a qualcuno» con i propri consigli, leggendo nei DM di Instagram i ringraziamenti dell’utente felice. Lo scambio e la relazione con la community resta, anche in questo caso, la cartina tornasole che dimostra il valore del tuo sforzo. È bello infatti vedere il proprio pubblico affezionato: «È bello sapere di essere utili».  

Per ultimo, a livello tecnico, presidiare due settori contemporaneamente è sicuramente vantaggioso. Su questo, però, la coppia ammette timidamente di non aver fatto una valutazione strategica, da puro influencer marketing, per intenderci. La loro è stata una scelta (vincente) a cui inizialmente non avevano dato peso, presi com’erano a seguire un ragionamento da viaggiatori: «Il territorio è sempre legato a una cultura, e la cultura è anche cultura culinaria».  

Un libro complementare all’utilizzo dei social network

Una cura per il contenuto che li ha ripagati con la pubblicazione del loro primo libro di viaggi (Sai dove…? con la casa editrice Sonzogno). Il riconoscimento di una loro autorevolezza nel campo e il traguardo di poter dire ad amici e parenti di aver creato “qualcosa che duri nel tempo”: un libro. «Non perché i social non rimangano, ma perché il tipo di contenuto che facciamo sui social è assolutamente platform-friendly. È veloce, immediato, fatto di poche informazioni che siano d’effetto. Mentre la maggior parte dei luoghi che visitiamo ha bisogno di un racconto un po’ più approfondito». Il “tutto e subito” dei social, con una fruizione veloce e incastrata malamente nella scansione quotidiana di paturnie e impegni rognosi, è così in opposizione (ma forse in compenetrazione) alla fruizione lenta e profonda dei prodotti editoriali.  

«Chi prende un libro è perché vuole prendersi del tempo per determinate informazioni – ci dicono -. Noi abbiamo tantissimo da raccontare anche di posti “non da piattaforma”» ma che hanno tanto da dire e che possono essere narrati e illustrati sul cartaceo. Una lotta tra mezzi di comunicazione? No, una integrazione dove l’uno sopperisce alle mancanze dell’altro. O dove, come nel caso dei QR-code usati da Cristina e Andrea all’interno del volume, c’è un legame cercato tra digitale e materiale. Cristina aggiunge su questo una riflessione interessante sulla intramontabilità, secondo lei, della carta stampata: «La gente non si stanca e non si stacca da quello che può toccare».  

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