Il precedente Apple-Obama del 2013 (ma, all’epoca, l’America “tifava” per Cupertino)

Il diverso comportamento tra Biden e Obama rispetto al veto su una decisione dell'ITC contro Apple potrebbe riflettere anche un mutamento nella geopolitica interna degli Usa

27/12/2023 di Gianmichele Laino

La premessa legale di questo articolo riguarda l’iter necessario rispetto a una decisione dell’International Trade Commission. Su alcuni aspetti delle competenze dell’agenzia federale statunitense, infatti, è il presidente USA ad avere l’ultima parola. Soprattutto quando si tratta di decisioni che riguardano l’ampia sfera del blocco delle importazioni. Insomma, quando una decisione che riguarda la regolarità del commercio negli Stati Uniti diventa di tipo politico e può avere delle implicazioni anche in altri aspetti della vita del Paese e dei suoi cittadini, è la Casa Bianca che si deve assumere la responsabilità finale di porre una sorta di veto alla decisione che la commissione bipartisan ha preso. Il lasso di tempo entro cui questo veto può essere esercitato ammonta a 60 giorni. Negli ultimi 60 giorni, dunque, il presidente Joe Biden non ha avuto nulla da obiettare rispetto alla decisione della International Trade Commission di bloccare le vendite di due modelli di Apple Watch (l’Apple Watch Series 9 e l’Apple Watch Ultra 2). È sempre stato così? No. È mai successo che Apple fosse al centro di una decisione che ha richiesto l’intervento dell’inquilino della Casa Bianca? Sì.

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International Trade Commission, quando Obama prese le difese di Apple

Probabilmente, gli atteggiamenti molto diversi di Joe Biden e di Barack Obama nei confronti della Apple determinano un cambiamento di prospettiva della politica statunitense rispetto ai propri colossi tecnologici. Del resto, stiamo parlando di un episodio che si è verificato oggi (quasi 2024) con gli Apple Watch e di un’altra circostanza che si è verificata invece quasi 11 anni fa, nel 2013. All’epoca dei fatti, Obama si è dovuto esprimere sul divieto di importazione di alcuni modelli di iPhone e di iPad (l’iPhone 4 e l’iPad 2) dietro sollecitazione di Samsung. Nel quadro economico e politico dell’epoca, Samsung e Apple sembravano ancora giocare alla pari e – dunque – una decisione contraria a Cupertino avrebbe potuto in qualche modo svantaggiare l’azienda americana rispetto a quella coreana. Oggi, invece, Apple ha una potenza di fuoco tale da essere diventata quasi un’altra istituzione nell’apparato costituzionale degli Stati Uniti, su cui non si esercita più quella sorta di protezionismo o di paternalismo (da parte del governo) che in passato ha contribuito alle sue fortune.

Anche in quel caso, il divieto era stato preceduto da una disputa legale sui brevetti. Secondo l’International Trade Commission, anche in quella circostanza, era stata Apple a violare alcuni brevetti di Samsung (l’azienda coreana sosteneva che alcune componenti degli smartphone fossero di sua assoluta proprietà, anche se queste venivano declinate poi agli scopi di Apple e secondo il suo stile). Apple, invece, rispondeva che un brevetto su quelle componenti degli smartphone fosse normato da condizioni particolari, alle quali Samsung non si era affatto uniformato. Fu questo a far propendere Obama per il veto sulla decisione dell’ITC e – di conseguenza – per la decisione favorevole ad Apple.

Questione di peso politico?

Ribadiamo la differenza sostanziale. Oggi, la disputa regolata dall’ITC riguarda due società americane (Apple e Masimo), all’epoca, invece, era una questione di scontro tra due mondi: quello di un colosso americano e quello di un suo concorrente coreano che, oltre 10 anni fa, aveva una potenza di fuoco molto più forte di quella odierna. Poi, c’è anche il quadro economico e politico che è cambiato: sebbene Obama e Biden siano due politici appartenenti al partito democratico, oggi c’è una percezione molto diversa del pubblico e dell’elettore rispetto alle grandi aziende di Big Tech. Queste ultime, a differenza di qualche anno fa (quando la corsa al primato era vivace e poteva in qualche modo condizionare anche altri settori del mercato), sono guardate con un sospetto maggiore sia dalle istituzioni politiche (di cui un tempo sembravano alleate e di cui, oggi, sembrano avversarie paritetiche), sia dai cittadini che le percepiscono, ormai, come monopolistiche nei rispettivi campi di interesse.

Tra l’altro, la decisione di Joe Biden è molto più in linea con la prassi istituzionale americana: se si eccettua il caso Obama, prima del 2013 l’ultima volta che un presidente aveva posto il veto su una decisione dell’ITC risaliva al 1987. Sarebbe stato, dunque, un caso raro. In un’epoca in cui le grandi aziende di Big Tech hanno dimostrato di potercela fare da sole (e in cui hanno spesso prevaricato rispetto a chi si affacciava in uno spicchio del loro raggio d’azione), la Casa Bianca ha preferito chiamarsi fuori.

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