Si può fare un social network tutto italiano?

La storia di Gabriele Simonetti e di Elia Tuccori che stanno lavorando al loro "InTales"

26/02/2021 di Gianmichele Laino

E se la Silicon Valley italiana si nascondesse tra le pievi di Capannori? È stata la domanda che ha fatto scattare la scintilla per questo pezzo. Del resto, quando senti che due ragazzi di 23 anni si lanciano in una sfida che punta a superare i limiti che tradizionalmente vengono posti al sistema economico-produttivo del nostro Paese, non puoi non incuriosirti. Il loro obiettivo è quello di creare InTales, un social network interamente made in Italy. Un progetto che, al momento, ha la caratteristica di essere circondato da quella riservatezza tipica delle idee che stanno prendendo forma, ma che nei prossimi mesi è destinato ad avere finalmente un atterraggio.

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InTales e l’esperienza di un social network tutto italiano

Elia Tuccori e Gabriele Simonetti hanno parlato con Giornalettismo e hanno messo in evidenza i pregi, difetti e difficoltà dell’ecosistema italiano dell’imprenditoria 4.0. Le loro risposte – a dispetto dei luoghi comuni sulle start-up in Italia – hanno fatto trapelare grande ottimismo. «Abbiamo percepito molta positività nell’aria – ci spiega Elia Tuccori – e le persone a cui abbiamo chiesto una mano ci hanno aiutato molto volentieri». Anche Gabriele Simonetti ha apprezzato il modo con cui è stata accolta l’idea di due studenti universitari (lui si sta laureando in medicina, mentre Elia Tuccori è diventato da poco dottore in filosofia): «Siamo partiti da zero, senza alcuna conoscenza tecnica o burocratica. C’è un grosso scoglio iniziale quando ti affacci a questo mondo, ma poi scopri tante persone che mostrano interesse nei confronti di ragazzi che hanno un progetto».

Stiamo parlando di un social network potenziale, di una delle forme più avanzate (sia dal punto di vista tecnologico, sia dal punto di vista dell’inquadramento a livello giuridico e burocratico) di imprenditoria. Il nostro Paese fornisce davvero tutti gli strumenti adatti a progetti come questo? «Bocconi e Politecnico – ricorda Gabriele Simonetti – offrono programmi e linee preferenziali per le start-up. Ma si tratta di percorsi molto lunghi. Per noi è stato più naturale cercare investitori o persone che ci hanno supportato nelle fasi successive rispetto allo sviluppo dell’idea». Secondo Elia Tuccori, un ruolo fondamentale dovrebbe essere svolto dalle istituzioni scolastiche: «L’università rappresenta il luogo privilegiato per implementare la formazione e l’orientamento: dovrebbero essere le porte per aprire più cammini possibili. Ma anche a livello infrastrutturale l’Italia sta migliorando, perfezionando il processo di incubazione delle start-up. Tuttavia, questo processo sembra essere ancora molto settoriale e questo complica le cose quando devi confrontarti con realtà di cui, fino a quel momento, non hai ancora avuto esperienza».

L’iter di sviluppo di un’idea come può essere quella di un social network tutto italiano resta ancora molto lungo. Il progetto sta andando avanti da circa un anno e, più che la parte informatica, è stata la sezione burocratica (tra business plan e costruzione dello statuto della start-up) a creare più grattacapi. Ad aggiungersi, poi, c’è sempre il timore che qualcuno – in questa lunga fase di ideazione – possa rubarti l’idea. Ma senza il confronto, le idee sono destinate a restare chiuse in un angolo. «Anche in Italia ci sono delle realtà territoriali che stanno avendo un grande sviluppo nel settore dell’imprenditoria digitale. Non c’è ancora il continuo scambio di idee che c’è nella Silicon Valley, ma ad esempio – ci dice Elia Tuccori – so che Bologna, intorno all’esperienza creata da Musicmatch (la più grande piattaforma al mondo per testi di canzoni, ndr) è un ambiente molto fertile da questo punto di vista».

InTales non è l’unico progetto di social network italiano. Altri tentativi erano stati fatti in passato, ma non avevano avuto atterraggi concreti. Elia Tuccori e Gabriele Simonetti, tuttavia, sono convinti che la loro idea ha tutte le caratteristiche per fare bene: «A parità di idee e di contenuti – spiega Simonetti -, ciò che può fare la differenza è il marketing e la capacità di comprendere l’elemento che attrae ogni utilizzatore. È anche la cosa che incide di più a livello d budget. Poi, ovviamente, l’importante è circondarsi delle persone giuste». Si viaggia spediti, insomma, verso la fase 2. Il sogno che prende forma, l’idea che diventa piattaforma attraverso l’ufficializzazione del rapporto con gli investitori e l’individuazione del front-end più adatto. Tra le pievi di Capannori c’è un racconto che sta per essere scritto.

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