Il problema degli influencer che pubblicizzano siti di scommesse e “investimenti”

Moltissime creatori di contenuti digitali sponsorizzano, attraverso i propri canali, attività legali che, però, possono indurre l'utente alla ludopatia

19/10/2023 di Enzo Boldi

Gli ultimi avvenimenti di cronaca giudiziaria che hanno lambito anche il mondo del calcio italiano hanno fatto riemerge dall’ombra un problema diffuso, anche tra i più giovani. Negli ultimi giorni, spesso e volentieri si è parlato di ludopatia, ovvero quella dipendenza comportamentale legata al gioco d’azzardo. Un problema molto profondo e che ha mietuto e continua a mietere numerose vittime sparse in tutto il Paese. Si è parlato di calciatori (anche famosi), ma le radici coinvolgono anche persone che vivono al di fuori delle luci della notorietà. E per poter analizzare a fondo questo fenomeno, occorre prendere spunto dalle normative vigenti legate alle pubblicità e alle comunicazioni sulle aziende che si occupano di betting e casinò online. E in questo macro-contenitore non possono non essere inseriti quei content creator e influencer che parlano sui loro profili di siti di scommesse (legali) e investimenti per fare soldi “senza lavorare”.

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Il caso di cronaca giudiziaria trapelato (ancora non completamente) negli ultimi giorni va toccare un solo aspetto di questo problema sociale: la ludopatia estremizzata dall’utilizzo di piattaforme di gioco illegali. Ma la maggior parte delle criticità arriva dall’abuso di “puntate” all’interno di siti legali. Questione di pubblicità da cui siamo invasi (basti pensare che durante la diretta di una partita di Serie A, siamo inondati di banner e spot sulle aziende del settore), in televisione, radio, sui manifesti pubblicitari e persino sui social network. E ci sono anche degli influencer o creatori digitali che – sotto forma di adv, ma non solo – sponsorizzano questi portali legali. In alcuni casi, in collaborazione con le aziende, offrono all’utente dei codici personalizzati per usufruire dei bonus.

Influencer siti scommesse e investimenti, un problema social

Questo è un problema enorme per i social. Partiamo da un aspetto: in teoria, in Italia non ci può essere un minore di 16 anni iscritto (autonomamente, quindi sotto la supervisione dei genitori) a una piattaforma. Ma sappiamo che molti under 16 sono presenti su tutte le piattaforme. Quindi, potenzialmente, tutti gli annunci pubblicitari o i contenuti degli influencer siti scommesse legali sono accessibili anche agli adolescenti. Ma se questo aspetto è, come fulcro iniziale, un vizio di forma, occorre sottolineare come la ludopatia sia un fenomeno diffuso non solo tra i minorenni, ma anche tra le persone/utenti di altre generazioni.

Una diffusione capillare che alimenta il business del gioco d’azzardo legale (quindi autorizzato dall’Autorità delle Dogane e dei Monopoli, ADM) nel nostro Paese. A tutto ciò, come nel caso oggetto dell’inchiesta della Procura di Torino, viene accompagnato dal fenomeno dei portali illegali. E non solo. Vi è mai capitato di imbattervi in annunci social in cui il creator di turno (più o meno famoso) pubblicizza siti e sistemi che promettono di far guadagnare soldi facili (senza fare praticamente nulla) nel giro di pochi giorni? Anche questa dinamica è molto diffusa sui social e molti utenti sono caduti nel tranello, perdendo i loro soldi.

Il caso Corona

Tornando alle scommesse (legali), il nome sulla bocca di tutti in questi giorni è quello di Fabrizio Corona. L’ex paparazzo, ha utilizzato i suoi canali social, a mo’ di goccia cinese, per annunciare notizie in merito ai presunti calciatori coinvolti nelle scommesse illegali e, di conseguenze, dei giovani dipendenti dal gioco d’azzardo. Al netto delle modalità e della veridicità (ancora da confermare, in gran parte) delle informazioni fornite in questa tipologia di comunicazione, occorre esaminare un altro aspetto. Corona ha detto di aver voluto denunciare quel che sta accadendo per aiutare i giovani a uscire dal tunnel della ludopatia. Ma lui stesso, attraverso i suoi canali social (Telegram) ha sponsorizzato (con tanto di consigli su “puntate sicure”, ovvero dalla vincita assicurata) alcune piattaforme legali di betting. Dunque, non sembra esserci un reale fine educativo. E il fatto che tutto ciò avvenga attraverso i suoi canali social (su Telegram ha oltre 187mila iscritti, a oggi) è la conferma che il sistema sia infestato da queste dinamiche. Pur, occorre ribadirlo, parlando di siti ufficiali e riconosciuti dall’ADM.

Ma non c’era una legge?

E sullo sfondo c’è una legge partorita ed entrata in vigore durante i primi vagiti del primo governo Conte. Una normativa su cui ha messo il nome e la faccia l’allora vice-Presidente del Consiglio e Ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio. Parliamo del cosiddetto Decreto Dignità al cui interno è inserito l’articolo 9 (Divieto di pubblicità giochi e scommesse) che recita così:

«Al fine di garantire un più efficace contrasto del disturbo da gioco d’azzardo ha vietato qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro nonché al gioco d’azzardo, comunque effettuata e su qualunque mezzo, incluse le manifestazioni sportive, culturali o artistiche, le trasmissioni televisive o radiofoniche, la stampa quotidiana e periodica, le pubblicazioni in genere, le affissioni e i canali informatici, digitali e telematici, compresi i social media». 

Leggendo questo articolo, sembra evidente che non si possano pubblicizzare neanche i siti legali di giochi d’azzardo. Neanche sulle piattaforme social. Poi cosa è successo? Qualche mese dopo l’Agcom ha fornito le linee guida con i paletti relativi a questo aspetto del decreto Dignità, ribaltando quanto previsto dalla normativa:

«Non rientrano nell’ambito di applicazione della norma le comunicazioni di mero carattere informativo fornite dagli operatori di gioco legale. In particolare, non sono da considerarsi pubblicità le informazioni limitate alle sole caratteristiche dei vari prodotti e servizi di gioco offerto, laddove rilasciate nel contesto in cui si offre il servizio di gioco a pagamento. Rientrano in tale categoria, a titolo esemplificativo, le informazioni che sono rese disponibili nei siti di gioco o nei punti fisici di gioco, riguardanti le quote, il jackpot, le probabilità di vincita, le puntate minime, gli eventuali bonus offerti, purché effettuate nel rispetto dei principi di continenza, non ingannevolezza, trasparenza nonché assenza di enfasi promozionale». 

Di fatto, queste linee guida consentono alle tv, alle radio e anche ai social network di ospitare contenuti pubblicitari relativi al gioco d’azzardo legale. Di fatto, dunque, viene permesso un sistema (legale) che può alimentare forma di ludopatia.

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