Non un ring, al massimo un tribunale: le azioni legali che avrebbero reso più credibile Musk su Threads

Il social network annunciato da Mark Zuckerberg somiglia effettivamente molto a quello che è il nuovo Twitter/X. Ma la questione dovrebbe essere regolata da un giudice, non dall'arbitro di wrestling

14/08/2023 di Gianmichele Laino

Abbiamo cercato di resistere, noi di Giornalettismo, alla descrizione di questa vera e propria buffonata (perché ogni cosa va chiamata con il suo nome) che è l’incontro Musk-Zuckerberg. Tuttavia, quando una notizia che riguarda l’ecosistema delle aziende che operano nel digitale diventa mainstream è opportuno fornire una narrazione corretta che possa scendere più in profondità rispetto alla superficie. E la scelta del governo italiano prima e degli amministratori locali poi di fare a gara per accaparrarsi la sede dell’incontro rischia davvero di fermarsi alla superficie. Poche persone – tra quelle che hanno visto la notizia campeggiare sulle prime pagine dei quotidiani o nei servizi d’apertura del principale telegiornale nazionale – sanno davvero per quale motivo due multimilionari abbiano deciso di prendersi a botte in pubblico. Poche persone (ci stiamo riferendo sempre al grande pubblico nazionalpopolare), forse, conoscono le continue uscite sopra le righe di Musk e la sottile ambivalenza di Mark Zuckerberg (che, nelle sue dichiarazioni pubbliche, ha sempre provato a essere spiritoso, senza mai riuscirci davvero). Ancor meno persone (sempre nel pubblico nazionalpopolare) sanno di Threads e delle novità che questo social network made in Meta porterà con sé, andando a intaccare quello che è tradizionalmente il terreno di Twitter. Forse un incontro di lotta può essere il modo per far parlare il mondo di queste cose, ma sicuramente il terreno più giusto sarebbe stato quello tecnico che un tribunale – nel caso di una controversia – può garantire.

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Incontro Musk-Zuckerberg: sarebbe stato meglio, probabilmente, un tribunale

Dopo il guanto di sfida lanciato – sempre attraverso i social network – del giugno 2023 (quando Musk aveva da poco appreso le intenzioni di Zuckerberg di realizzare una piattaforma di Meta del tutto simile a Twitter/X), c’era stata una minaccia legale – che risulterebbe, da sola, molto più credibile di qualsiasi evento “sportivo” in location “storiche” – che gli avvocati di Musk avevano redatto, con l’intenzione di farla recapitare dalle parti di Menlo Park. A parlarne per prima era stata la testata Semafor, entrata in possesso del documento.

Siamo a inizio luglio del 2023 (qualche settimana dopo l’annuncio dell’incontro da parte di Musk e la raccolta del guanto di sfida – non senza quell’ambivalenza di cui vi abbiamo parlato all’inizio – da parte di Zuckerberg). Gli avvocati di Elon Musk cercano chiarimenti. La firma è di Alex Spiro, da sempre vicinissimo alle controversie legali di Musk (non soltanto per quel che riguarda Twitter dopo l’acquisizione da parte del multimilionario, ovviamente, ma anche per alcune cause fondamentali che hanno riguardato, ad esempio, Tesla nel 2019). Quest’ultimo ha specificato che, dopo che Threads era andato online, l’azienda di Zuckerberg avrebbe fatto «appropriazione indebita sistematica, intenzionale e illegale dei segreti commerciali di Twitter e di altra proprietà intellettuale». L’accusa di fondo è che Zuckerberg aveva approfittato della grande fuoriuscita di dipendenti di Twitter dopo l’acquisizione di Musk e dopo il taglio del personale dettato da ragioni economiche, per poterla sfruttare a proprio vantaggio, nella realizzazione di uno strumento che – per molti aspetti tecnici – risulta essere simile a Twitter.

Con quella stessa lettera, la società di Elon Musk si era riservato – senza ulteriori comunicazioni preliminari – di tutelarsi nelle sedi legali opportune rispetto alle presunte violazioni da parte di Meta, nella realizzazione di Threads. Quello che c’è dietro alla sfida lanciata da Musk a Zuckerberg, più che un gioco da milionari (come si sta cercando di farlo passare nella narrazione), è un vero e proprio caso di presunto spionaggio di segreti aziendali. E se si considera che gruppi come Meta o Twitter assumono oggi, negli equilibri istituzionali e finanziari di tutto il mondo, il ruolo di veri e propri attori politici, si capisce bene come una questione di questa rilevanza tra le due controparti possa influenzare l’intero ecosistema digitale.

Il vero rischio che Threads rappresenta per Twitter

A Twitter non è andato giù – questo secondo le accuse dei legali di Musk – che Meta abbia approfittato di un grande numero di ex dipendenti dell’azienda in circolazione, per poter acquisire delle informazioni utili per offrire al consumatore un prodotto concorrenziale. Qualcuno potrebbe dire che Musk è stato causa del suo male e che dovrebbe piangere su se stesso, visto che è stato proprio lui a licenziare 6500 persone in pochi mesi (persone a cui devono aggiungersi anche i manager che hanno rassegnato spontaneamente le proprie dimissioni). Qualcuno, sentendo questa versione dei fatti, potrebbe dire che le leggi federali americane impediscono di violare gli accordi di non divulgazione, quando si passa da un’azienda concorrente all’altra.

Tuttavia, Meta nega che qualsiasi ex dipendente di Twitter abbia partecipato al lancio di Threads. Ma non può negare che la realizzazione di uno strumento del tutto simile a Twitter abbia l’intento di acquisire un pubblico che, ormai, su Twitter non si riconosce più. E qui entra in gioco la geopolitica di cui abbiamo parlato all’inizio: Twitter viene considerato da più parti un social network di destra e Zuckerberg vorrebbe sottrargli tutta quella platea di utenti (e di investitori) che invece si definisce di area progressista. Rappresentando, dunque, con Threads una delle minacce più concrete che Musk deve affrontare da quando ha deciso di comprare Twitter: una minaccia più grande dei social smaccatamente conservatori (compreso The Truth Social di Trump), una minaccia più grande degli utenti verificati che abbandonano la piattaforma per non pagare l’abbonamento a Twitter Blue, una minaccia persino più grande dell’Unione Europea e delle sue regole sulla concorrenza e sulla trasparenza delle piattaforme digitali di cui Musk sembra infischiarsi (tanto, altrove, c’è un mercato molto più florido di quello del Vecchio Continente). Una questione, insomma, che dovrebbe essere risolta in tribunale e su cui, invece, qualcuno – più per forza di propaganda che per altro – vorrebbe risolvere a botte. Mostrando il dito per distrarre dall’osservazione della luna.

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