Il voyeurismo giornalistico sul tragico incidente in deltaplano
Il Corriere della Sera ha tenuto in homepage il filmato che non aggiunge nulla rispetto alla notizia di cronaca
10/05/2021 di Enzo Boldi
Non aggiunge nulla alla notizia di cronaca, quindi – deontologicamente – non dovrebbe neanche essere pubblicato. E, invece, da ore campeggia sulla homepage dell’edizione online del quotidiano più letto d’Italia. Il Corriere della Sera, infatti, ha pubblicato il video (tagliato delle scene più “crude”) dell’incidente deltaplano avvenuto l’8 maggio a Col de Puppolo, a Bassano del Grappa (in Veneto). Un filmato che servirà agli inquirenti per ricostruire cosa è avvenuto, ma che a livello giornalistico non ha alcun valore. Se non quello economico dettato dalla rincorsa al click facile.
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Ci risiamo. L’atavica ricerca di visualizzazioni sta uccidendo il mondo del giornalismo e la professione. Si cerca sempre di essere al passo con la rete, finendo per contravvenire anche ai principi su cui si fonda questo mestiere. Il caso del video dell’incidente deltaplano – costato la vita all’istruttore padovano Federico Baratto – è solo l’ultimo di una grande serie di articoli (e titoloni) che non dovrebbero essere pubblicati sui portali che si occupano di informazione. Noi, seguendo questo principio, non metteremo link a quel filmato, ma ci limitiamo a mostrare lo status quo alle 12 di oggi, lunedì 10 maggio. Sulla homepage de il Corriere della Sera, quelle immagini sono ancora in bella mostra.
Incidente deltaplano, il voyeurismo dei quotidiani che pubblicano il video
Perché diciamo che pubblicare un filmato di questo tipo non abbia alcun senso giornalistico? Per spiegarlo abbracciamo in toto quel che scrive su Facebook la pagina “Baitman – Il giustiziere del clickbait“.
Tutte tesi legittime e sacrosante che spiegano, in poche parole, lo stato comatoso in cui vive il giornalismo da anni. La ricerca del titolo ad effetto che “dice e non dice” che poi, alla fine, non dice assolutamente nulla e rende “notizia” ciò che notizia non è. L’etichetta di “esclusivo” su un video che mostra una tragedia e che non aggiunge assolutamente nulla al fatto di cronaca raccontato. Non che non si debba parlare di queste notizie, ma pur essendo in possesso di quel filmato si poteva scegliere una descrizione scritta di quelle immagini (senza entrare nei dettagli). Perché pubblicando quel video si fagocita la morbosa ricerca “della morte”. Una dinamica di cui si cibano i social e i loro fruitori. Ma il mondo dell’informazione non è questo. O, almeno, non dovrebbe esserlo.