Il paradosso: Facebook consente di rivendicare la musica di sottofondo per i video live

Una segnalazione da parte di Warner Music Group Rights Management pervenuta per un filmato (in live streaming) pubblicato lo scorso anno sulla pagina social di Giornalettismo

08/05/2021 di Enzo Boldi

Rivendicare ogni singola cosa, anche quando è evidente il vulnus. Ma la trasparenza, evidentemente, è merce rara e poco apprezzata e Facebook consente alle aziende di compiere rivendicazioni prive di senso. È accaduto nei giorni scorsi a noi di Giornalettismo, quando ci siamo visti arrivare – attraverso una banale notifica – una contestazione da parte della Warner Music Group Rights Management. Il motivo? Durante una nostra ripresa in live streaming a Modena, nel giorno della vittoria elettorale di Stefano Bonaccini alle Regionali dell’Emilia-Romagna (era il 27 gennaio del 2020), in sottofondo (dal palco allestito a Piazza Grande) è stato trasmesso un brano di cui l’azienda statunitense detiene i diritti. Insomma, un vulnus del diritto d’autore su Facebook.

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Per questo motivo, ci siamo ritrovati di fronte questo messaggio ricco di incongruenze e frutto di un algoritmo che non ha rispedito immediatamente al mittente la contestazione.

Diritto d'autore su Facebook

A quale video fa riferimento questa contestazione, con tanto di azione “punitiva” già eseguita dopo la segnalazione della Warner Music Group Rights Management? A questo.

La segnalazione fa riferimento al brano che parte in sottofondo dal palco (quindi nessun lavoro di post produzione da parte nostra e della nostra inviata a Modena per seguire l’evento) dal minuto 4 e 16”. Al termine del discorso di Giulia Sarcone, infatti, gli organizzatori hanno lanciato il brano “A muso duro” di Pierangelo Bertoli.

Diritto d’autore su Facebook, il vulnus delle segnalazione “ad mentula canis” per la musica di sottofondo

«Assicurati di pubblicare solo contenuti di tua proprietà o che il detentore del diritto d’autore ti ha concesso di usare. La pubblicazione di contenuti di proprietà di terzi potrebbe violare le leggi sul diritto d’autore», si legge nel messaggio che accompagna la notifica ricevuta su Facebook. Peccato che quella musica non faccia parte di un lavoro di post-produzione e sia stata trasmessa durante un evento live, in piazza. E per diritto di cronaca – visto che l’evento era di natura pubblica – la nostra telecamera si è limitata a riprendere esattamente cosa stava succedendo in quei frangenti.

La questione può sembrare di lana caprina, ma non lo è. Non sappiamo, ovviamente, se anche altre testate (o profili di singoli utenti social) che hanno raccontato quel che stava accadendo in Piazza Grande a Modena il 27 gennaio dello scorso anno abbiano ricevuto lo stesso messaggio e la stessa rivendicazione da parte della Warner (che rivendica solamente un qualcosa di previsto dalle regole, che però sembrano essere completamente fuori contesto). Ma tutto ciò fa emergere molti dubbi sulla gestione del diritto d’autore su Facebook e, più in generale, sui social. Perché se vale questo principio, tutti i filmati in live streaming condivisi sui social dovrebbero pagare lo stesso pegno. Pensiamo, per esempio, a un utente che si reca allo stadio a vedere una partita della Lazio. Dallo Stadio Olimpico, in caso di vittoria dei biancocelesti, viene mandato in diffusione il brano “Giardini di Marzo” di Lucio Battisti (anch’esso coperto da copyright). Ovviamente (o, almeno speriamo sia così) il club di Lotito paga i diritti per trasmettere quella canzone. Ma cosa accade a un utente “X” che condivide su Facebook il filmato dei festeggiamenti con in sottofondo quella musica ripresa in live streaming?

Abbiamo scelto questo esempio, ma se ne potrebbero fare altri. Molti altri. Perché anche in molte manifestazioni di piazza (per rimanere nella sfera pubblica) viene trasmessa musica coperta da diritti. E un quotidiano che si occupa di raccontare cosa sta accadendo in quel preciso istante, in quel “hic et nunc” come prevede la genealogia della cronaca giornalistica, non può e non deve ricevere notifiche di quel tipo. E non è una difesa della categoria, ma solamente l’esatta espressione di come alcune dinamiche sacrosante, come la protezione del diritto d’autore su Facebook e sui social, portino a degenerazioni prive di senso.

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