Il matrimonio da 100 milioni di dollari tra Google e il New York Times

L'intesa era stata raggiunta a febbraio, ma solo ora il Wall Street Journal ha pubblicato i dettagli dell'accordo

11/05/2023 di Enzo Boldi

La crisi dei giornali è dettata anche da quelle dinamiche algoritmiche che sono insiste nel sistema dei motori di ricerca e dei social network. Da una parte ci sono realtà in profondo rosso, pronte a chiudere i battenti (come BuzzFeed News) e altre che si accingono a percorrere una strada analoga (vedi il caso Vice). E mentre tutto ciò sta avvenendo, una notizia in parziale controtendenza arriva dagli Stati Uniti, dove è stato sancito un accordo commerciale (ed economico) sulle notizie tra il gigante Big Tech Google e il New York Times.

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Piccola premessa. Da mesi, in particolare da febbraio, si parla di questo accordo che era stato confermato dalla stessa azienda di Mountain View senza però fornire i dettagli economici di ciò che era stato scritto, firmato e controfirmato tra le parti. Inoltre, questo tipo di intesa ricalca ciò che già avviene con alcuni editori in Brasile, Germania e Australia. A rivelare i contenuti di quei documenti (e dei paletti di questo contratto) è stato il Wall Street Journal che spiega come quei fondi (della durata di tre anni, almeno per ora) non serviranno solamente per “pagare le notizie”. Dunque, non si tratta di un accordo meramente editoriale sulla diffusione delle news realizzate dal quotidiano di New York. C’è molto di più, infatti, visto che la trattativa è stata gestita direttamente dalla controllante di Google, ovvero Alphabet INC.

Google New York Times, l’accordo da 100 milioni per le notizie

Come riportato dal Wall Street Journal, Google verserà nelle casse del NY Times 100 milioni di euro in tre anni. Una cifra che sembra cospicua, ma solo all’apparenza (visti i bilanci del quotidiano statunitense che raccontano di ricavi – solo per il 2022 – di 2,31 miliardi di dollari). Cosa prevede, dunque, questo accordo? Partiamo dai contenuti giornalistici: l’intesa prevede l’inserimento del New York Times all’interno di Google News Showcase, ovvero quella piattaforma lanciata dall’azienda nel 2020 per pagare «gli editori che vi partecipano per curare giornalismo di qualità, garantendo un’esperienza di notizie online migliorata a vantaggio di lettori ed editori». Ma non c’è solamente questo aspetto meramente editoriale. Perché con questo matrimonio triennale da 100 milioni di dollari, il quotidiano fondato nel 1851 da Henry Jarvis Raymond e George Jones potrà usufruire anche del Play Store (il negozio delle app e degli abbonamenti digitali di Google) per la vendita delle sottoscrizioni.

Il do ut des

L’intesa tra le parti, come detto, risale a febbraio. L’accordo Google-New York Times, dunque, era noto nell’ambiente e si pensava a un compenso triennale per il pagamento delle notizie. In realtà, nella classica dinamica del “do ut des” sono sopraggiunti ulteriori dettagli. In particolare – oltre agli abbonamenti attraverso Play Store e le notizie sul News Showcase -, lo stesso quotidiano americano ha spiegato come quei fondi (che oggi sappiamo essere di 100 milioni di dollari) prevedono anche altri due aspetti che rappresentano una vera e propria collaborazione tra le due aziende: l’utilizzo degli strumenti di Google per il marketing e la sperimentazione congiunta di nuovi prodotti pubblicitari. Dunque, si tratta di un accordo in quattro punti, per la cifra di poco più di 33 milioni di dollari per ogni anno. Numeri che appaiono bassi, ma che sono in linea con quanto la stessa Alphabet versa già nelle casse della News Corp di Rupert Murdoch, l’azienda che controlla il Wall Street Journal (il quotidiano che ha diffuso i dettagli dell’accordo). Inoltre, il NY Times doveva fare i conti con la cessazione dell’accordo con Meta Platforms che, fino allo scorso anno (prima di fare un passo indietro) versava 20 milioni di dollari ogni mese nelle casse del giornale per i suoi contenuti. Per una luna di miele che finisce, eccone una che comincia ora. Tra le mille perplessità di un mercato sempre più al ribasso.

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