Meloni dice che quella contro gli haters di Mattarella, senza conferme, sarebbe «retata da regime autoritario»
La leader di Fratelli d'Italia ha utilizzato delle parole molto nette per definire le indagini della procura di Roma contro gli haters di Mattarella
12/05/2021 di Gianmichele Laino
In fondo, cosa vuoi che siano due parole offensive nei confronti del presidente della Repubblica, addirittura le minacce di morte? Nella giornata di ieri, la procura di Roma – che da questo punto di vista sta facendo un grande lavoro – ha effettuato perquisizioni e ha indagato 11 persone, tra cui giornalisti e un professore universitario, per le loro frasi, ritenute parole d’odio, nei confronti di Sergio Mattarella sui social network. Dal momento che si tratta del presidente della Repubblica e che il suo onore è difeso direttamente dal codice penale, si potrebbe configurare come ipotesi di reato quella di vilipendio nei confronti del Capo dello Stato. Giorgia Meloni, però, non sembra convinta di quanto accaduto.
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Giorgia Meloni è perplessa sulle indagini contro gli 11 haters di Mattarella
«Mi auguro – ha scritto sui social network – ci siano ragioni solidissime per la retata nei confronti di 11 persone accusate di una “rete sovranista” su internet e forse di “vilipendio al Presidente della Repubblica”. Altrimenti ci troveremmo davanti a un episodio che ricorda i peggiori regimi autoritari».
Mi auguro ci siano ragioni solidissime per la retata nei confronti di 11 persone accusate di una “rete sovranista” su internet e forse di “vilipendio al Presidente della Repubblica”. Altrimenti ci troveremmo davanti a un episodio che ricorda i peggiori regimi autoritari pic.twitter.com/qUFkNTHoiy
— Giorgia Meloni 🇮🇹 ن (@GiorgiaMeloni) May 11, 2021
Si tratta, per inciso, della stessa Giorgia Meloni che – qualche ora prima – aveva condannato (com’è giusto fare) le minacce di morte ricevute da Matteo Salvini.
Tra gli indagati, ci sarebbero persone che sono un punto di riferimento culturale per la destra sovranista italiana. Giorgia Meloni lascia capire, evidentemente, che le frasi che sono trapelate e che costituirebbero le basi di partenza di questa indagine potrebbero non rappresentare una così solida base per un’inchiesta. Fermo restando che il codice penale all’articolo 278 tutela l’onore del capo dello Stato, come abbiamo già detto, «numerosi sono stati i post e i contenuti multimediali offensivi rilevati dal Ros tra aprile 2020 e febbraio 2021» caratterizzati da «plurime condotte offensive» evidentemente non sono abbastanza per Giorgia Meloni.
Le hanno dato man forte, nelle ultime ore, anche coloro che ritengono che la procura di Roma non stia facendo altro che perseguire i reati di opinione. Ma occorre sottolineare una differenza: se da un certo punto di vista siamo in un contesto in cui la libertà d’opinione dovrebbe essere rispettata, è rilevante evidenziare che la fattispecie dell’attacco al presidente della Repubblica ne rappresenta sicuramente un confine importante. L’odio in rete, che rappresenta una delle piaghe del nostro secolo e che è troppo spesso sottovalutato per la sua portata psicologica prima di tutto che può avere poi dei riscontri anche fattuali (si vedano gli episodi di Capitol Hill negli Stati Uniti), non può essere semplicemente derubricato a “opinione” che un presunto regime autoritario ci impedirebbe di manifestare.