La politica che sta a guardare: una parte della Lega blocca l’aumento delle frequenze nel ddl Concorrenza

La conformità agli standard dell'Unione Europea sembra essere sparita dal testo del disegno di legge. Eppure, arrivano interrogazioni anche dalla maggioranza di governo

04/04/2023 di Redazione Giornalettismo

Diciamoci la verità: in qualsiasi sua forma, il 5G è sempre stato un problema di carattere politico. Sia da parte di chi cerca di limitarlo evidenziando presunti effetti sulla salute dei cittadini, sia da parte di chi lo analizza dal punto di vista della concorrenza tra le aziende dei gestori della rete internet italiana. Il caso delle frequenze 5G e dell’aumento dello spettro all’interno del quale queste ultime si esprimono è solo l’ennesimo atto di questa tipologia di problema. L’Italia – attualmente – ha un limite di 6 v/m a fronte della media di 61 v/m in vigore nell’Unione Europea. Questo limite doveva essere innalzato all’interno del ddl Concorrenza: almeno, questo aumento era previsto – inizialmente – in una bozza che stava circolando nei corridoi istituzionali. La narrazione politica vuole che questo aumento sia stato stralciato dal testo base, in seguito all’intervento della Lega. O – meglio – di una parte di essa.

LEGGI ANCHE > Giulia Pastorella: «Timori infondati dietro al mancato aumento delle soglie per l’emissione del 5G»

Frequenze 5G, la battaglia politica interna ed esterna

La Lega starebbe assecondando il principio secondo cui l’aumento delle frequenze per l’emissione del segnale 5G potrebbe creare danni alla salute dei cittadini. In realtà, come è stato evidenziato, al massimo è la moltiplicazione delle antenne (che, attualmente, con le tecnologie attuali e uno spettro più ridotto, risulta necessaria) a creare problemi di inquinamento. Una moltiplicazione che, con un innalzamento del limite, non sarebbe più necessario (le antenne sarebbero molte di meno). Tuttavia questo elemento sfugge al dibattito politico e, al momento, si preferisce l’eliminazione della modifica all’interno del disegno di legge.

Ma nemmeno la Lega sembra avere una posizione univoca all’interno del partito. Il viceministro alle Infrastrutture e Trasporti Edoardo Rixi ha affermato – in un recente passaggio a Radio 24 – che «dobbiamo adeguarci alle norme a livello internazionale ed europeo, anche perché facciamo parte dello stesso mercato, pur riguardando anche la percezione della salute pubblica dei cittadini». Dichiarazioni che sembrano in contrasto con la posizione del partito che avrebbe chiesto di rinunciare all’aumento delle frequenze. Un aumento che, all’interno della principale forza di maggioranza – Fratelli d’Italia -, sembra essere dato per scontato.

Matteo Gelmetti, senatore di Fratelli d’Italia, ha infatti presentato una interrogazione per chiedere conto al ministro del Made in Italy, se sono previste «iniziative normative volte ad armonizzare, anche parzialmente, gli attuali limiti elettromagnetici per favorire nuove opportunità di sviluppo e di futuro, contribuendo, in maniera determinante, anche al raggiungimento degli obiettivi del PNRR ed in generale alla transizione digitale del Paese». Tutti lo chiedono, insomma. Ma nessuno sembra avere la forza per farlo.

Share this article
TAGS