Se chiamiamo “censura” il blocco di Fedez al sacerdote, accettiamo che il rapper è lui stesso un media

Riflessioni sulla gestione delle comunicazioni con don Alberto Ravagnani

17/05/2021 di Gianmichele Laino

Un sacerdote youtuber con quasi 150mila iscritti al suo canale, da un lato. Il campione degli influencer italiani (13 milioni di followers), dall’altro. Ecco come si presenta lo scontro dialettico Fedez-don Alberto Ravagnani. Quest’ultimo è un sacerdote di Busto Arsizio che, al di là della comunicazione moderna e penetrante, rappresenta le idee della parte più conservatrice della chiesa cattolica, soprattutto su unioni omosessuali e aborto. È stato più volte invitato nelle trasmissioni di Fedez su Twitch, il rapper gli ha risposto frequentemente. Per questo si era ritagliato una certa notorietà. Dopo il concerto del Primo Maggio e dopo il discorso di Fedez, tuttavia, qualcosa è andato storto. Il sacerdote ha più volte inviato messaggi a Fedez che prima ha smesso di seguirlo e poi lo ha bloccato su Instagram. Per questo don Alberto ha iniziato a parlare di censura.

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Fedez-don Alberto, lo scambio di battute su Instagram

«Don Alberto – ha detto Fedez -, che probabilmente conoscerete perché l’ho invitato ai miei podcast a parlare liberamente delle sue idee, con cui non concordo, ha fatto un post perché l’ho bloccato su Instagram. Sostiene che bloccare una persona su Instagram equivalga a censurarla». Al di là delle singole questioni del caso – le ragioni che hanno spinto i due a “litigare” attraverso Instagram stories (non è questo il punto o l’argomento dell’articolo), occorre sottolineare proprio quest’ultimo punto sollevato da Fedez. Ovvero l’accusa di censura se si viene bloccati da lui.

È un concetto che un po’ – sinceramente – ci spaventa. È davvero possibile, oggi, trovare visibilità soltanto attraverso gli influencer di Instagram (o di altri social network)? Dobbiamo per forza ammettere che la cancellazione di un post, il blocco di un contatto, il de-follow rappresentino strumenti di censura? Se lo facciamo ammettiamo candidamente che Fedez – da solo – possa costituire un media. Perché la censura intesa da don Alberto (quella cioè che impedisce la libera espressione di un pensiero) è quella che, propriamente, viene criticata se utilizzata da organi di informazione o da regimi autoritari. A meno che non consideriamo Fedez un rappresentante di queste due ultime categorie, dunque, non ha senso parlare di censura.

Il de-follow o il blocco di un profilo sono strumenti che i social network mettono a disposizione degli utenti privati per gestire i loro contatti e le loro comunicazioni. Le scelte sono assolutamente personali e individuali. Non rappresentano una “tendenza”. Se diamo come assunto che Fedez abbia censurato un sacerdote per il solo fatto di averlo bloccato, allora gli riconosciamo un potere che va al di là di quella che è la sua attività di influencer. D’altro canto, il sacerdote potrà continuare a trasmettere i suoi messaggi attraverso i propri canali, senza che nessuno gli vada a dire di smetterla. Attenzione a non confondere la censura con la visibilità.

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