Lo studio della George Washington University che spiega dove Facebook ha sbagliato nel contrastare le fake news sui vaccini
Nicholas J. Restrepo, Lucia Illari, Rhys Leahy, Richard F. Sear, Yonatan Lupu e Neil F. Johnson hanno firmato la ricerca
05/01/2022 di Redazione
Lo studio è firmato da Nicholas J. Restrepo, Lucia Illari, Rhys Leahy, Richard F. Sear, Yonatan Lupu e Neil F. Johnson. Si tratta di docenti e ricercatori della George Washington University che hanno provato ad analizzare da un punto di vista inedito – basato non sull’analisi dei comportamenti, ma su dati ingegneristici – la disinformazione no-vax presente su Facebook. L’analisi è partita dopo aver preso in esame 100 milioni di utenti e la loro distribuzione e diffusione relativamente alle notizie che riguardano il Covid-19 e le vaccinazioni. Il risultato dimostra che, nonostante le policies del social network di proprietà di Meta, la lotta alla disinformazione contro il Covid non ha preso in considerazione degli aspetti fondamentali.
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Facebook e no-vax, lo studio della GWU
«Il nostro studio – si legge nelle conclusioni del paper intitolato Come i meccanismi dei social media hanno portato le comunità mainstram più vicine agli estremismi e alla loro disinformazione durante il Covid-19 – va oltre gli attuali approcci alla disinformazione che rappresentano poco più che supposizioni verbali. Il nostro studio è, a nostra conoscenza, il primo tentativo di sviluppare una teoria generativa simile all’ingegneria quantitativa per
L’approccio rigidamente scientifico ha mostrato che le comunità mainstream siano state influenzate da un lato da alcuni gruppi che, prima del Covid-19, diffondevano informazioni sulla salute piuttosto generiche e poco accurate (ma comunque positive rispetto al benessere della persona) e che hanno iniziato a condividere bufale sul cambiamento climatico, sulle scie chimiche, sul 5G; e dall’altro dai gruppi estremisti no-vax che – attraverso i gruppi sopra descritti – sono riusciti a entrare in contatto con le comunità mainstream.
Secondo i ricercatori, nonostante la massiccia campagna di informazione che Facebook ha promosso contro le bufale da coronavirus, i suoi moderatori non sono riusciti a scandagliare, attraverso i loro radar, delle comunità molto piccole come quelle dei due gruppi che hanno influenzato le community mainstream, mostrando un evidente limite dell’infrastruttura del social network: più un gruppo è piccolo, più può sfuggire al controllo, senza tuttavia precludersi la possibilità di diffondere i propri messaggi attraverso community più ampie.