La vera storia della bambina di 10 anni morta di tumore «per colpa del lockdown»
Molti giornali italiani hanno esasperato la questione del lockdown come causa scatenante di quanto accaduto
15/01/2021 di Redazione
Il Mattino, Il Gazzettino, Il Fatto Quotidiano, Il Messaggero, Today. Sono solo alcune delle testate italiane che hanno dato ampio risalto alla vicenda di Eva Williams, la bambina di 10 anni affetta da un glioma pontino intrinseco, un tumore molto raro. Si sarebbe dovuta sottoporre a una cura sperimentale, anche molto costosa, negli Stati Uniti, partendo dal Regno Unito. La famiglia della bambina, infatti, è britannica. Tuttavia, secondo la maggior parte delle testate italiane (e non solo, dal momento che questo aspetto è stato enfatizzato anche all’estero), Eva Williams sarebbe morta senza potersi sottoporre alla cura sperimentale, a causa delle restrizioni e dal lockdown imposti per contrastare la crisi pandemica mondiale.
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Eva Williams e la storia della cura sperimentale
Secondo la vulgata, dunque, il tragico destino della piccola sarebbe stato fortemente condizionato dal lockdown. Tuttavia, come sottolinea anche il sito di debunking Butac, in realtà il lockdown non ha impedito a Eva Williams di assumere dei farmaci off-label. Si tratta dello stesso trattamento che avrebbe dovuto ricevere negli Stati Uniti, ma ottenuto semplicemente al di fuori della sperimentazione. Questo perché, al di là del lockdown, c’erano anche altri problemi con la cura negli Stati Uniti: l’assenza di un’assicurazione sanitaria valida per gli Stati Uniti e il fatto che Eva non fosse adatta alla sperimentazione a causa del suo percorso clinico precedente.
Queste informazioni sono state fornite dalla famiglia della bambina, nel corso di un’intervista con il quotidiano gallese The Leader, nello scorso autunno. Successivamente, visto che la cura non aveva mostrato particolari benefici, sono state sperimentate anche altre strade. Un percorso inutile, visto che la ragazzina di 10 anni è morta a gennaio.
Eppure, varie testate italiane hanno dato grande enfasi al fatto che il suo tragico destino fosse stato condizionato dal lockdown e dall’impossibilità di spostarsi. Nel titolo del Fatto, ad esempio, si scrive che «l’emergenza Covid le ha impedito di accedere alle cure sperimentali», quello del Messaggero sottolinea come «il lockdown le impedisca il viaggio per le cure sperimentali» e così via. Una vicenda sicuramente dolorosa, che fa rabbia per la giovane età della bambina. Ma che avrebbe dovuto essere trattata con maggiore attenzione, soprattutto per evitare il click-baiting e la condivisione indiscriminata.