Ma cos’è questa storia dell’euro digitale?

Potrebbero partire a breve delle sperimentazioni: ma c'è tanta differenza con il bitcoin

01/03/2021 di Gianmichele Laino

Non chiamatela criptovaluta, né tantomeno euro-bitcoin. Anche perché qui, di nascosto, non c’è proprio nulla: la partita si gioca alla luce del sole, con una sperimentazione che potrebbe partire in diversi Paesi d’Europa già a partire dalla prossima primavera. Perché il progetto dell’euro digitale è concreto e potrebbe rappresentare la soluzione definitiva per combattere, ad esempio, l’evasione fiscale. Occorre, nel frattempo, familiarizzare con questa ipotesi, anche perché potrebbe stravolgere completamente sia il nostro modo di spendere (e quindi avere una vera e propria incidenza sull’economia domestica), sia il mondo della grande finanza che, a quel punto, dovrà cambiare paradigma.

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Euro digitale: cos’è e come funzionerebbe

L’euro digitale è molto diverso – lo abbiamo già anticipato – dalle criptovalute, ma sarà molto diverso anche dai metodi di pagamento elettronici che, al momento, stanno trovando un vero e proprio terreno fertile. Avete presente il proliferare – grazie anche all’e-commerce e ai benefici che diversi governi (in Italia, ad esempio, il metodo cashback o la lotteria degli scontrini) – dei metodi di pagamento elettronici (Apple Pay, Google Pay, SatisPay)? Ecco, il concetto di euro digitale cerca di superare anche questa epoca.

I metodi di pagamento elettronici attuali, infatti, sono comunque collegati a un conto corrente bancario. L’obiettivo dell’euro digitale, invece, è quello di scollegare le due cose: mettere a disposizione questo metodo di pagamento anche per i cittadini non bancarizzati, per quelli che non hanno risparmi in istituti di credito. La Banca Centrale Europea, che sta lavorando alacremente al progetto, pensa all’euro digitale come a una vera e propria moneta a disposizione di tutti, il cui deposito dal quale attingere si può trovare sia su una applicazione dedicata, sia su un portafoglio elettronico che verrà “costruito” all’occorrenza.

Il ruolo delle banche in questa operazione, di conseguenza, sarà ridimensionato. Ad esempio, gli aiuti stabiliti dalla Banca Centrale Europea potrebbero, attraverso questo sistema, entrare effettivamente nel ciclo economico-produttivo, senza passare per gli istituti di credito. L’accesso ad alcuni contributi statali o europei, inoltre, potrebbe essere molto più semplice: in questo modo, gli stati potrebbero trasferirli pressoché immediatamente ai cittadini (senza lunghissime trafile, come accaduto ad esempio con i vari bonus coronavirus che sono stati erogati nel corso del 2020) e sulla spesa di questi fondi potrebbe esserci un controllo maggiore: l’euro digitale potrebbe permettere, infatti, di vincolare la spesa delle somme di denaro trasferite, evitando operazioni non convenzionali e non previste dalle varie misure economiche di assistenza (in Italia, potrebbe venire in mente l’esempio del reddito di cittadinanza e delle sue limitazioni di spesa, che in alcuni casi vengono eluse).

Ovviamente, una sperimentazione di questo tipo dovrebbe affrontare il conseguente problema dei depositi bancari (che servono per garantire prestiti ai cittadini), ma tutte le varie istituzioni economiche europee sono al lavoro per poter risolvere le questioni aperte da questo punto di vista. La sensazione è che la pandemia (e l’esigenza di fare acquisti in sicurezza e da remoto) abbia accelerato notevolmente la transizione a questi metodi di pagamento digitale.

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