Alla base dell’account di Erica Marsh c’è il “rage baiting”
Cos'è il rage baiting, come si lega al profilo di Erica Marsh e in che modo permette di capitalizzare i meccanismi social per un tornaconto politico?
06/07/2023 di Ilaria Roncone
Rage baiting significa, letteralmente, “esca per la rabbia”. Prima della massiva diffusione dei social e di determinati tipi di utilizzo si trattava – come rintracciabile su Urban Dictionary – di un termine che indicava l’atto di «dire qualcosa che ovviamente farà arrabbiare qualcuno solo per ottenere una reazione». Quando le piattaforme hanno assunto un ruolo chiave per pilotare e manipolare gli utenti per gli scopi più disparati, rage baiting ha assunto un significato più specifico: «Un post sui social media di un’organizzazione che fa informazione progettato espressamente per indignare il maggior numero possibile di persone al fine di generare interazioni». Suscitare rabbia e indignazione che generano interazioni e che, quindi, possono tradursi in un guadagno. Anche politico.
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Erica Marsh e il rage baiting: da cosa possiamo capirlo?
Si parte dall’analisi del profilo, dal modo in cui ha interagito con i suoi utenti e reagito ad altri utenti, per capire quanto si è basato sul rage baiting. Nel caso di Erica Marsh, tutti i suoi tweet mettevano al centro questioni calde dell’attualità e contenuti politici come se ogni notizia polarizzante fosse l’opportunità per condividere opinioni incendiarie volte a generare ancor più interazioni attorno al suo account e a quel tema (in alcuni casi incitando chi era d’accordo con lei a condividere i suoi contenuti, in altri casi alimentando la rabbia e l’odio che si generava sotto i suoi contenuti dibattendo con gli utenti).
Come ha sottolineato anche Simone Fontana di FactaNews, con il quale abbiamo dialogato sulla tematica, qua si tratta di marketing elettorale oltre che di rage baiting. Fatto di strategie consolidate nel tempo che sfruttano i social come primo veicolo, il marketing elettorale – insieme al rage baiting – permette di capitalizzare quanto accade sui social affinché si traduca nel tendere rispetto a una posizione piuttosto che a un’altra, votando poi di conseguenza.
Rage baiting dalle presidenziali del 2016
Il rage baiting è una tecnica che – ancora una volta, con la storia di Erica Marsh – si rivela essere uno strumento dal grande potenziale. Condividere opinioni estreme e polarizzanti fa sì che gli utenti non possano non risponderti, aumentando – secondo il principio che governa i social network stessi – la popolarità e la visibilità di un determinato account.
Si tratta di una tipologia di strategia già nota, utilizzata nel corso della campagna elettorale per le presidenziali del 2016 da tutta una serie di troll legati al governo russo che agivano per garantire un vantaggio a Donald Trump. Questo strumento, molto conosciuto nel settore della comunicazione politica, permette – da un lato – di ridicolizzare gli avversari politici e – dall’altro – di ottenere l’attenzione di un gran numero di follower.
Proprio per le sue modalità di azione – ha spiegato il Washington Post – l’account di Marsh è nel mirino degli esperti di disinformazione da diversi mesi. Ad alimentare i sospetti è stato il fatto che non vi fosse nessun tipo di traccia offline della reale esistenza di Erica Marsh; oltre a questo, l’estremismo e le tattiche di capitalizzazione sulla polarizzazione degli utenti sono diventate sempre più evidenti. Il segno della spunta blu è inoltre qualcosa che – come abbiamo ormai imparato – con Elon Musk abbiamo tutti avuto la possibilità di comperare: se prima era legato all’autorevolezza di un profilo, ora si tratta solo di pagare.
Più volte l’account ha provato a rispondere alle accuse di non essere una persona reale – prima facendo battute sulle insinuazioni, poi alludendo a uno stalker sui social come causa della mancata condivisione di informazioni sulla sua vita personale – ma, alla fine, mese dopo mese è stato messo alle strette fino all’inchiesta che ha svelato parte di quello che c’è dietro e che ha portato alla sospensione del profilo Twitter.