E-commerce nel 2023, su cosa devono puntare le imprese? Intervista a Roberto Liscia (Netcomm)
Tra sostenibilità e una precisa articolazione di canali fisici e canali digitali della vendita, ecco quali sono gli ambiti su cui puntare nel 2023 per sfruttare l'enorme crescita dell'e-commerce in tutto il mondo
14/02/2023 di Ilaria Roncone
Cosa possiamo aspettarci dall’e-commerce nel 2023? Facendo una chiacchierata con il presidente di Netcomm (Consorzio per il commercio digitale italiano) sono emersi alcuni punti importanti e fondamentali rispetto alla direzione e alle previsioni nell’anno corrente basandosi su dati e evidenze. In sostanza, se prima era l’e-commerce che serviva il negozio fisico ora è un po’ come se si fosse ribaltato il rapporto: è il negozio fisico che deve andare a servire il meccanismo dell’e-commerce. Dalla ricerca Ambrosetti di Netcomm sono emersi parecchi elementi ma, in particolare, è evidente – come spiega Liscia ai microfoni di Giornalettismo – che «l’e-commerce è uscito dall’infanzia e non è più solo un modo di fare vendite online ma una relazione tra imprese piccole, medie e grandi che stanno portando questo settore ad essere un’industria e una tra le più importanti industrie tra i novantanove settori economici con una crescita di occupazione e di fatturato importantissima. Si tratta di un settore che, ormai, è diventato fondamentale per la politica industriale nella competitività del sistema paese sui mercati internazionali».
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Dal mercato cinese c’è interesse per il Made in Italy
Questo è quanto è emerso dall’incontro che Roberto Liscia ha avuto con il presidente di Tmall (sito di vendita al dettaglio business-to-consumer gestito da Alibaba Group):«C’è un grande interesse di Alibaba, in particolare di Tmall – di cui ho incontrato il presidente – per il Made in Italy. In particolare, abbiamo ragionato sul fatto che in Italia esiste una pluralità di piccole imprese di grande qualità; è emerso un grande interesse per il nostro mercato e io, dal canto mio, ho sottolineato quanto l’Italia non sia fatta solo di qualche decina di aziende del Made in Italy di grande valore ma anche di qualche migliaio di aziende di grande valore».
«Ho chiesto l’intervento di Tmall – ha proseguito Liscia – per valorizzare, in qualche misura, questa granularità di imprese che vanno dal food al vino per arrivare, poi, all’arredamento e al fashion. Il lavoro che spetta a Tmall è più di supporto, di progettazione, di aggregazione delle imprese e ho visto Tmall molto positivo visto il successo che la parola Made in Italy ha presso il mercato cinese. Mi aspetto, quindi, un maggiore coinvolgimento non solo nel portare le imprese italiane in Cina ma nel portare le piccole imprese di qualità sul mercato cinese».
L’e-commerce nel 2023 e l’esigenza di sostenibilità del consumatore
«Oggi – spiega Liscia quando gli chiediamo quanto conterà l’ambiente negli sviluppi dell’e-commerce quest’anno – la direzione la sensibilità di consumatori giovani e meno giovani è ben diversa: la sostenibilità è un nuovo valore che è entrato prepotentemente nell’agenda del compratore planetario. Noi abbiamo un tavolo sul tema a Netcomm e la declinazione della sostenibilità ha, di fatto, diversi ambiti. Il primo è la sostenibilità legata al prodotto (sustainability by design): già nella sua fase di progettazione il prodotto deve essere pensato in maniera sostenibile così che, dopo l’uso, sia facilmente riciclabili, facilmente riutilizzabile e che permetta di avere una second life attraverso un mercato che si sta sviluppando particolarmente nel settore dell’elettronico e del fashion, ovvero il mercato dell’usato ricondizionato».
«Il secondo ambito della sostenibilità – conclude il presidente di Netcomm – riguarda i processi sostenibili, ovvero la sostenibilità in tutti i processi sia operativi, sia web – perché anche il web consuma risorse elettriche -, sia i processi di logistica che devono avere una rivisitazione in chiave ambientale. E poi, non ultimo, il tema del packaging che deve rispettare una serie di regole ben precise. Infine possiamo parlare anche di una sostenibilità sociale, quella del rapporto con i dipendenti e con i fornitori nazionali e internazionali».
Su cosa devono puntare piccole e media imprese italiane nell’e-commerce?
Insieme a Roberto Liscia abbiamo analizzato il panorama per capire su cosa devono investire le aziende italiane per sfruttare al massimo l’enorme potenziale dell’e-commerce: «Le piccole imprese hanno due grandi problemi emersi anche da una nostra ricerca: in primis hanno scarse risorse economiche da investire nel marketing digitale, quindi devono aumentar l0investimento in questo senso; la seconda cosa che le imprese devono fare, e direi che se ne siano anche rese conto, è investire sulle competenze. Il problema vero delle imprese italiane oggi non è soltanto la mancanza di risorse ma anche la mancanza di risorse sotto il profilo umano, di competenze».
«Per fare questo abbiamo proposto anche al governo, di recente con la ricerca Ambrosetti, di supportare le imprese nel finanziare nuove competenze. Queste competenze vanno formate o dall’interno delle imprese, quindi puntando su quelle giuste per il loro sviluppo, o – eventualmente – formare nuovi giovani attraverso percorsi certificati di modo che, supportati da la possibilità di utilizzare voucher e crediti di imposta, questi giovani possano essere poi assunti», prosegue il presidente di Netcom.
«Ci sono poi, naturalmente, altri temi oltre questi emersi dalla nostra ricerca – prosegue Liscia con l’elenco -. Un’altra problematica di gran parte delle imprese è articolata in tre punti: come conquistare nuovi paesi e aree geografiche, come adottare bene le nuove tecnologie e come aumentare il numero di canali digitali in questo processo di multi-canalità, che è sempre più importante»-
Concludendo, c’è una struttura precisa per il commercio digitale e fisico che deve essere tenuta ben presente: «In particolare, tra questi canali troviamo quelli digitali (sito diretto dell’e-commerce, presenza su Market Place così da arrivare ai mercati nazionali e internazionali, i siti di social commerce che sono diventati sempre più importanti, canali di living commerce – ovvero la vendita in streaming, un nuovo modello di vendita televisiva in pratica -, i primi sviluppi del metaverso) e quelli fisici, che stanno diventando sempre più importanti e complementari rispetto ai canali digitali. I canali fisici, però, devono cambiare pelle per ampliare la rete dei servizi (dal reso alla consegna della merce a casa a permettere di sceglier i prodotti che in negozio non ci sono). Il punto, per i canali fisici, è ampliare i propri servizi digitali in linea con quelli che sono i nuovi comportamenti digitali del clienti per arrivare fino al meccanismo: compro dallo scaffale e pago direttamente mentre esco dal negozio senza bisogno di fare il check out», conclude Roberto Liscia.