Marco Cappato: «Con Fedez su Instagram abbiamo fatto servizio pubblico»

Marco Cappato ci ha parlato della diretta con Fedez e Zan entrando nel merito delle polemiche che l'hanno seguita e spiegando il perché della sua partecipazione

09/07/2021 di Ilaria Roncone

La diretta di Fedez con Alessandro Zan, Marco Cappato e Giuseppe Civati ha sortito l’effetto sperato: attualmente il video è stato visto da quasi due milioni di persone. La ragione per cui Zan, Cappato e Civati hanno scelto questo canale è evidente – come ci ha confermato anche Cappato nel corso di un’intervista -: raggiungere un numero alto di persone che probabilmente tramite canali più istituzionali o tramite tv non sarebbero raggiunte. Persone che – come evidenziato anche dai commenti sotto la diretta – non erano sufficientemente informate o si esprimono contro. Questa diretta Fedez Zan ha avuto, però, anche un altro effetto.

Il mondo della politica e dei media ha criticato la scelta del mezzo per la diffusione di questa chiacchierata sul ddl Zan così come la preparazione del rapper in merito alla questione. A partire dall’editoria di Stefano Feltri su Domani che Fedez ha citato nella diretta fino ad arrivare alle varie critiche che – anche in queste ore – molti addetti ai lavori stanno rivolgendo alla moderazione di Fedez, questa storia continua a far parlare. Abbiamo chiesto a Marco Cappato – politico, attivista e promotore del Congresso mondiale per la libertà di ricerca e della campagna Eutanasia legale – di parlarci di questa esperienza in diretta sul profilo di Fedez e delle conseguenze.

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«Per un tema del genere bisogna andare oltre il recinto della comunicazione politica»

Il dibattito sul ddl Zan ha trovato moltissimo spazio sui social e questa diretta ne è un’ulteriore prova. «Utilizzare i social per parlare di diritti civili consente di rivolgersi a moltissime persone che non avrebbero troppi altri canali e occasioni per essere coinvolti nel dibattito – spiega Cappato ai microfoni di Giornalettismo – ma ciò non vuol dire che sia il canale migliore o il modo migliore. Non ho questa presunzione, sicuramente ci sarà chi potrà fare molto meglio». Andare «oltre il recinto della comunicazione politica», appunto, e «ovviamente vale anche chi sostiene posizioni opposte».

«Probabilmente ragazzi e ragazze di 18 anni che hanno seguito la diretta di Fedez un dibattito parlamentare alle 16 su Rai 3 non l’avrebbero guardato. C’è però, al tempo stesso, l’affezionato che non guarderà mai la diretta di Fedez che invece si godrà il dibattito in tv il pomeriggio. Fare le pagelle non serve, il punto è: meno male che si parla di queste cose».

«Nella diretta Fedez Zan ho fatto quello che si dovrebbe fare sul servizio pubblico»

Perché scegliere di partecipare a una diretta che, tra mezzo e ospite, ha scatenato così tante polemiche che erano immaginabili? «Fedez, in modo molto chiaro, mi ha consentito di dare un’informazione che è da servizio pubblico radio-televisivo, addirittura: chi vuole ed è d’accordo per firmare il referendum può farlo ai tavoli e presso i Comuni. Questa informazione è rilevante, il referendum è uno strumento costituzionale».

«Posso capire che a uno possa piacere o non piacere il modo in cui Fedez ha trattato l’argomento (il ddl Zan n.d.R.), dopodiché dico anche che forse il problema è che noi dovremmo avere un grande dibattito parlamentare, che non c’è, perché le vere decisioni vengono prese nelle manovre tra partiti. Il dibattito parlamentare nel merito del provvedimento Zan dovrebbe essere fatto coinvolgendo milioni di persone, di questo avremmo bisogno», afferma Cappato. «Ci sarebbe bisogno non di parlare delle mosse politiche attorno al ddl Zan, ma dei contenuti del ddl Zan in un dibattito parlamentare che entra nel merito trasmesso dalla televisione con approfondimenti sulle ragioni pro e contro».

Cappato sottolinea che si parla di eutanasia solo per i casi di cronaca o scontro tra partiti

Nella diretta con Fedez, oltre a spiegare in maniera esemplare perché il testo del ddl Zan così com’é ora non può essere cambiato perché verrebbe meno la parte educativa – e non di “indottrinamento” – fondamentale, Cappato ha avuto uno spazio che non viene concesso solitamente in televisione. Ed è di questo che parla il tweet scritto oggi: «Gli unici spazi di informazione che si sono aperti in vent’anni sono rincorrendo casi di cronaca: Welby, Englaro, dj Fabo. I più grandi talk show politici non trattano mai questo tipo di tematiche o, quando le trattano, lo fanno in funzione dello scontro tra partiti».

«Questi temi, però (e, in generale, tutto quello che riguarda i diritti civili n.d.R.) vanno analizzati nel merito. Che cos’è l’identità di genere? Bisogna spiegarlo alla gente – chiarisce l’attivista – poi uno può essere d’accordo o contro. Non si può sottostare a questioni politiche in queste cose». E rispetto alla polemica sulla preparazione di Fedez ad affrontare un tema come il ddl Zan o sul fatto che sia o meno opportuno, Cappato c’entra il punto ovvero che «non è questo il punto: il punto è entrare nel merito. Ci sarà magari un altro super mega influencer che è contro e che farà la sua conversazione in diretta con Salvini e Pillon. Anzi, magari fosse così».

Il servizio pubblico deve rendere i social il luogo del confronto

«Il problema dei social è che, spesso, sono il luogo del monologo. Anche io, faccio un tweet o un post, ho un canale Youtube. Non è che dialogo con qualcuno. Anche nel caso della diretta di Fedez, non era un confronto tra opposti ma un dialogo tra persone che – più o meno – andavano nella stessa direzione», sottolinea Cappato, avanzando una proposta sensata. «Il compito dei media, in particolare del servizio pubblico, dovrebbe essere quello di assecondare il più possibile il confronto e, magari, attrezzarsi per essere capaci di usare i social anche per il contraddittorio. Questo magari lo può fare la Rai, invitando Zan e Pillon a confronto».

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