A che punto è la digitalizzazione della scuola?

Che la scuola sia un settore particolarmente sensibile sui ritardi legati alla digitalizzazione non è un mistero

14/11/2023 di Gianmichele Laino

Missione digitalizzazione, praticamente impossibile. La scuola deve scontare, da anni, un ritardo nello sviluppo di nuove tecnologie e nell’applicazione degli ecosistemi digitali a un metodo – quello imposto a livello ministeriale – che ha sempre nell’offline la sua componente principale e la sua guida fondamentale. Tuttavia, alcuni tentativi (il registro elettronico prima, la DAD e la DID che si sono rese indispensabili nel periodo del coronavirus, ora la piattaforma UNICA) vanno nella direzione di modernizzare e digitalizzare gli istituti di ogni ordine e grado.

LEGGI ANCHE > Dalla piattaforma UNICA all’accesso tramite SPID e CIE, i passi in avanti nella scuola digitale

Digitalizzazione nella scuola, il binario morto dopo il cambio di governo

Qualche giorno fa, il professore ordinario di Tecnologie per la didattica Teorie e tecniche della formazione all’Università Milano Bicocca, Paolo Ferri, ha lanciato l’allarme sul ritardo nella modernizzazione della scuola rispetto all’iter previsto dal governo di Mario Draghi per mettersi in pari con le scadenze del Pnrr. In questo momento, infatti, si sta andando avanti – nella grande call da 20 miliardi che è rappresentata dalla voce del Pnrr destinata alla scuola digitale – soltanto sul riammodernamento delle aule attraverso investimenti su banda ultra-larga, notebook, visori di realtà virtuale e stampanti 3D per studenti e insegnanti.

Tuttavia, ricorda il professor Ferri, da questo punto di vista sono stati acquistati i materiali e sono stati fatti degli investimenti sulla rete, ma non sono stati fatti passi avanti relativamente alla formazione delle professionalità deputate all’utilizzo di questi strumenti. Ma – al di là di questo – abbiamo sempre evidenziato, anche dalle colonne di Giornalettismo, che il continuo ricorso a strumenti digitali che non hanno sede in Italia, che presuppongono il trasferimento dei dati personali in stati al di fuori dell’Unione Europea, che non danno un vero e proprio incentivo allo sviluppo tecnologico “sovrano” (nell’accezione positiva del termine) non favorisce di certo lo sviluppo digitale del settore.

Soluzioni acquisite dall’esterno o che presuppongono l’impiego di strumenti concessi “gratuitamente” (al prezzo dei dati personali, è ovvio) non sembrano essere in linea con quanto previsto da una sana soluzione innovativa. L’assenza di un coordinamento nazionale da questo punto di vista e la presenza di istituti che vanno un po’ per conto loro, sviluppando una maggiore propensione alla digitalizzazione non fanno altro che aumentare il divario tra scuole, non garantendo quel progresso omogeneo che, visti i soldi del Pnrr, sarebbe quantomeno auspicabile.

Share this article