Cosa si può imparare dall’esperienza della Didattica a distanza?

C'è futuro per la didattica a distanza, o meglio, per la didattica digitale?

16/12/2022 di Giordana Battisti

La Didattica a distanza (Dad) non è stata ritenuta complessivamente soddisfacente come soluzione per continuare le attività didattiche durante il lockdown e più in generale durante la pandemia. Un’indagine dell’Istat intitolata I ragazzi e la pandemia: vita quotidiana “a distanza” pubblicata il 4 maggio 2022 ha reso noto che il 67,7% degli studenti delle scuole secondarie preferisce le lezioni in presenza. Per realizzare l’indagine sono stati intervistati circa 41 mila studenti, tra questi 30 mila sono italiani e 11 mila sono invece di origine straniera e tutti nell’anno scolastico 2020/2021 hanno frequentato le scuole medie o superiori di varie zone d’Italia. L’opinione negativa sulla Dad è probabilmente dovuta alle difficoltà emerse all’inizio del 2020, quando gli istituti scolastici sono stati chiusi per limitare il diffondersi della pandemia, e riguardanti la scarsa disponibilità di una connessione a internet stabile e di dispositivi che gli studenti potessero utilizzare per frequentare le videolezioni in diretta o per le altre attività didattiche. Evidentemente sull’opinione degli studenti ha influito anche il diverso rapporto che si è stabilito con gli insegnanti e con i compagni di classe. Nel report Istat si legge: «Si deve considerare che l’opinione espressa rispetto alla didattica a distanza è influenzata non solo da aspetti strettamente connessi alla fruizione delle lezioni e all’apprendimento, ma anche ad aspetti legati alla vita sociale e alle relazioni derivanti dal frequentare la scuola».

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L’opinione dei dirigenti scolastici di scuole secondarie sulla didattica digitale

L’indagine ha coinvolto anche alcuni dirigenti scolastici di scuole secondarie, dei quali il 63,4% ritiene che «lo “shock” nella vita scolastica e quotidiana dei ragazzi a seguito della pandemia abbia penalizzato l’apprendimento, ma solo di alcuni studenti», il 29,8% ritiene che tutti gli studenti siano stati penalizzati e solo il 6,7% ritiene che la pandemia non abbia avuto effetti negativi sull’apprendimento. Il parere dei dirigenti intervistati sulla Dad potrebbe essere definito in linea con quello degli studenti, tuttavia sembra che i dirigenti siano decisi a promuovere un maggiore utilizzo delle tecnologie applicate all’apprendimento e della comunicazione a distanza. Il 31,5% dei dirigenti vorrebbe che anche dopo la pandemia una parte della didattica continuasse a svolgersi a distanza. L’opinione dei dirigenti delle scuole secondarie di primo è alquanto diversa da quella dei dirigenti delle scuole di secondo grado: il 41,4% tra questi ultimi è favorevole a mantenere parte della didattica a distanza contro il 22,9% di dirigenti delle scuole secondarie di primo grado favorevoli. In generale il maggiore ricorso «a materiali digitali, biblioteche online, filmati» è visto con favore dal 93,5% dei dirigenti mentre l’85,6% manterrebbe anche forme di didattica alternativa come le cosiddette flipped classroom (classi capovolte) che «prevedono la partecipazione attiva degli studenti e la valorizzazione delle risorse digitali e delle reti sociali».

L’intervista al professore Giuseppe Gullo

Per parlare del futuro della Dad abbiamo contattato, su indicazione del sindacato Udir, il professore Giuseppe Gullo che insegna arte e immagine in una scuola secondaria di primo grado in provincia di Palermo. Abbiamo chiesto a Gullo quali sono le possibili applicazioni degli strumenti digitali a scuola, ma anche a casa, anche dopo la pandemia. Per Gullo è necessario distinguere la Didattica a distanza, come viene comunemente definita ad oggi, dalla «Didattica d’emergenza», che è quella messa in atto durante il lockdown. Si tratta di «due mondi diversi» spiega Gullo. La Didattica d’emergenza è stata adottata dall’oggi a domani e ha coinvolto tutti, dai primi gradi dell’istruzione alle università, e in quel momento si è cercato principalmente di far fronte all’impossibilità di svolgere le lezioni in presenza con i mezzi e le conoscenze a disposizione di ognuno, che inizialmente non erano soddisfacenti in molti casi. Secondo Gullo la sfida oggi è riuscire a coniugare la didattica in presenza con le tecnologie ormai necessarie e inevitabile per svolgere al meglio il mestiere di insegnante. Lo stesso Gullo spiega che per lui è difficile preparare e svolgere una lezione frontale senza ricorrere alle tecnologie a disposizione, come le digital board che stanno sostituendo progressivamente la lavagna interattiva multimediale (LIM). Tutto questo è in linea con il Digital Education Action Plan, il piano d’azione dell’Unione europea per promuovere e sostenere l’educazione digitale garantendo una maggiore qualità dell’insegnamento. Gullo propone un esempio: «Un conto è vedere un’opera d’arte riprodotta sul libro di testo, ma cercare insieme il sito Web di un museo e cercare insieme l’opera per vederne la riproduzione ad alta risoluzione è un’esperienza diversa e più stimolante per i ragazzi. Molti musei sono ormai digitalizzati, ovviamente non è la stessa cosa che entrare in un museo ma se pensiamo che molti ragazzi non hanno modo di visitare i grandi musei, soprattutto all’estero, si tratta di una grande opportunità».  Il punto di forza di quella che Gullo definisce Didattica d’emergenza è quello di essere riusciti a mantenere il legami con gli studenti, cosa che sarebbe stata impossibile senza gli strumenti tecnologici e digitali. «Il segreto è stato utilizzare questi strumenti per socializzare con i ragazzi. La fortuna è vivere in un mondo dove grazie a questi mezzi è possibile mantenere il contatto», conclude Gullo.

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