Il dibattito sui video TikTok virali in cui si mostrano atti di beneficenza

I video su TikTok che mostrano atti caritatevoli raccolti tramite hashtag #honestytest fanno milioni di visualizzazioni ma servono davvero a qualcosa?

24/06/2022 di Ilaria Roncone

Il filone dei video beneficenza su TikTok sta collezionando non poche visualizzazioni e, in generale, agli influencer che scelgono di percorrere questa via sta portando benefici. Partiamo dal principio e capiamo di che cosa si tratta: di questo fenomeno è un buon esempio un video di Zachery Dereniowski dello scorso febbraio in cui finge di essere in difficoltà chiedendo una piccola somma a un senzatetto – in questo caso – che, dopo essersi mostrato disposto a dargliela, riceve dal finto bisognoso 500 dollari. Il tutto con colonna sonora sdolcinata in sottofondo. Le domande sono tante: contenuti di questo tipo sono positivi o negativi quando si tratta di stimolare la beneficenza?

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Video beneficenza su TikTok: milioni di interazioni e visualizzazioni

Come tipologia di contenuto, funziona. In totale l’hashtag #honestytest – che veicola, appunto, video in cui si mettono alla prova le persone bisognose per poi ricompensarle se si dimostrano buone – ha raccolto oltre 51 milioni di visualizzazioni. Tra i vari test fatti ci sono quelli in cui i creator lanciano mazzetti di banconote davanti alle persone e vedono come reagiscono (molti dei quali sono senzatetto) e non sono poche le volte in cui si ha l’impressione che il contenuto sia inscenato. Lo scopo finale è quello di mettere in imbarazzo chi agisce in modo cattivo e premiare chi agisce in modo buono.

Il dibattito sulla questione

Contenuti del genere possono essere molto divisivi, seppure in tanti non ne percepiscano l’aspetto negativo. «Penso che questi video possano creare narrazioni su come dovremmo aiutare i poveri meritevoli», ha spiegato il professore di Yale Michael Kraus, psicologo specializzato nello studio della disuguaglianza, per argomentare il suo parere contrario. «In realtà tutti sono meritevoli e i singoli atti di carità non sono una soluzione per la povertà», ha detto, sottolineando che il concetto di “povero meritevole” è antico e trova radici nel codice elisabettiano sui poveri in Inghilterra, che aveva il preciso scopo di distinguere i poveri che avevano la colpa di essere poveri e quelli che non l’avevano.

Karus ha concluso – riporta Wired –  lasciando una serie di interrogativi: «Mi sembrano profondamente disumanizzanti. Le persone nei video acconsentono a essere usate in questo modo? Per quella somma di denaro possono acconsentire? Se avessero detto di no, sarebbero forse meno meritevoli di compassione? Credo che le risposte a queste domande siano preoccupanti».

C’è poi un altro filone di studiosi che sostiene come contenuti del genere potrebbero avere effetti positivi. C’è Pat Barclay, psicologo evolutivo dell’Università di Guelph che studia il cosiddetto “altruismo competitivo” e i modi in cui può essere sfruttato per promuovere la generosità. Contenuti del genere, secondo lui, potrebbero mostrare ai ragazzini che aiutare gli altri ripaga ed è sicuro farlo: «Se vediamo qualcuno che si rende utile e viene riconosciuto per questo, è più probabile che ci rendiamo utili a nostra volta. Questo innalza lo standard di ciò che ci si aspetta da noi: non possiamo starcene seduti a fare gli egoisti brontoloni se gli altri sono così disponibili, al confronto sembriamo avari».

Le uniche cose certe? Gli influencer traggono i benefici maggiori da queste situazioni e non si tratta di azioni concrete che cambiano il mondo poiché, nella migliore delle ipotesi, vanno a migliorare la vita di un singolo ma non promuovono nessun tipo di cambiamento strutturale o politico più ampio.

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