I dati sulla pedopornografia in Italia nel 2022

Ogni anno i dati riguardanti la diffusione di materiale pedopornografico online e i reati ai danni dei minori commessi tramite gli strumenti digitali vengono diffusi dalla Polizia Postale. Sull'argomento è intervenuto anche il presidente e fondatore dell'associazione Meter che si occupa di contrasto alla pedopornografia

01/03/2023 di Giordana Battisti

Il Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia online della Polizia postale si occupa del monitoraggio della rete per individuare i siti Web o altre piattaforme e canali che vengono utilizzati per diffondere e fruire di materiale pedopornografico sotto forma di immagini e video. La presenza di questi siti Web e di altri canali digitali simili rappresenta un pericolo per le ragazze e i ragazzi che utilizzano Internet e anche per questo viene regolarmente stilato dalla Polizia un elenco dei siti pedopornografici, la cosiddetta “black list”, che viene fornito agli Internet Service Provider così che possano bloccarli. In questo caso, se utilizzando Internet si arriva anche involontariamente a uno di questi siti compare una “stop page”, una pagina di blocco che avvisa del divieto di accedere ai contenuti di quel sito.

I dati della pedopornografia nel 2022

Il Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia online si è occupato di 4.542 casi nel corso del 2022 registrando una crescita degli arresti per reati connessi ad «abusi tecnomediati in danno di minori» dell’8% rispetto all’anno precedente. La Polizia postale ha visionato più di 25mila siti e ha potuto inserirne 2.622 nella “black list”. Secondo una nota che la Polizia postale ha inviato a Wired si è registrata «una riduzione della circolazione globale di materiale pedopornografico sui circuiti internazionali» ma questo non vuol dire che questi contenuti abbiano smesso del tutto di circolare. Inoltre, si è registrato contestualmente un aumento «dei soggetti individuati e deferiti per violazioni connesse ad abusi in danno di minori»: i casi di adescamento online registrati dalla Polizia postale sono stati 424.

Secondo quanto emerge dai dati della Polizia postale tra le piattaforme più utilizzate per diffondere materiale pedopornografico ci sono l’applicazione di messaggistica istantanea Telegram e Mega, una piattaforma che serve per condividere file e che è stata sviluppata secondo il principio della “privacy by design”, che riguarda l’introduzione di regole e l’applicazione di metodi che riguardano la gestione dei dati personali degli utenti a partire dalla progettazione di un servizio o di prodotto che comporti una raccolta di dati personali. Queste piattaforme non sono direttamente responsabili dei materiali che vengono pubblicati o condivisi dagli utenti ma il livello di privacy delle stesse può sicuramente contribuire ad attirare persone intenzionate a condividere materiale pedopornografico oppure a fruirne. Su Telegram, per esempio, l’operazione “Black room” della Polizia postale di Napoli ha consentito di individuare un bot, cioè un account automatizzato, che condivideva in un canale immagini pedopornografiche a fronte del pagamento di una somma in denaro.

La dichiarazione di Don Fortunato Di Noto, presidente e fondatore di Meter

Don Fortunato di Noto ha rilasciato una dichiarazione a Giornalettismo in quanto presidente e fondatore di Meter, un’associazione che si occupa di contrasto alla pedopornografia e della tutela dei diritti dei bambini. La pedopornografia è un fenomeno globale e Meter si occupa di monitorarlo e contrastarlo attraverso l’Osservatorio Mondiale contro la pedofilia e pedopornografia (Osmocop), che lavora insieme alla Polizia postale italiana e a quella di altri Paesi. Ogni anno Meter pubblica un report che tiene conto dei dati raccolti e dei risultati raggiunti.

«È quasi impossibile quantificare il materiale pedopornografico che in questi decenni è stato “prodotto” ai danni dei minori. In questo caso i minori vengono abusati, ma ricordiamo che spesso lo sono già anche per quanto riguarda la loro sovraesposizione digitale. Ci sono persone che hanno fatto della violenza ai danni dei minori un business. Consultare e diffondere il nostro report permette di avere una chiara e inconfutabile mappatura di un fenomeno inarrestabile e molto lucrativo per le organizzazioni pedocriminali».

Venendo alla piattaforma Take It Down, che serve per chiedere di rimuovere dalle piattaforme che aderiscono al progetto di rimuovere contenuti espliciti che li riguardano e che sono stati diffusi quando erano minorenni, Di Noto spiega che «spesso il concetto di “rimozione” non corrisponde a un’esigenza di giustizia, nel senso che chi ha compiuto violenze sui minori resta impunito perché non viene denunciato. Il processo di rimozione dei contenuti è indispensabile per la tutela del minori ma dall’altro lato bisognerebbe individuare i soggetti che “producono” o divulgano i contenuti per fare in modo che rispondano delle proprie azioni. La pedopornografia non è soltanto “immagini e video”, ma è la chiara dimostrazione degli abusi che avvengono nei confronti di una moltitudine di minori che hanno il diritto di essere tutelati e ottenere giustizia per il danno permanente che hanno subito nella loro vita. Inoltre, anche i Server Provider hanno le loro importanti e ineludibili responsabilità e non sempre hanno dimostrato di essere disposti a collaborare con le autorità paventando un velato, seppur lecito, rispetto della privacy degli utenti. Non si può dare maggiore rilevanza alla tutela della privacy degli utenti che pubblicano o condividono materiale pedopornografico prima di richiedere e ottenere giustizia per i minori vittime di abusi. È proprio questo che può fare la differenza e creare una società che rispetta, anche online, la dignità delle persone e soprattutto quella dei piccoli».

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