I dati sulla contraffazione online in Italia

Quanto pesa la contraffazione online in Italia e cosa stanno facendo le istituzioni per arginare il fenomeno?

05/04/2023 di Redazione Giornalettismo

Il primo report italiano realizzato da mondo accademico e Servizio analisi criminale è stato pubblicato lo scorso anno, nell’aprile 2022, e ci permette di avere un quadro preciso del fenomeno e dei dati contraffazione online Italia. Quali sono i dati più importanti che emergono da questo studio, frutto della collaborazione tra Università Cattolica e Ministero dell’Interno con il supporto di Amazon?

Lo scopo di questa analisi è – come si legge sul sito del Ministero dell’Interno – «rafforzare la conoscenza e la cooperazione pubblico-privata contro le nuove forme di contraffazione online». Al centro dell’analisi del fenomeno emergente troviamo la commercializzazione dei prodotti tramite social network e e-commerce. Lo studio, realizzato nell’ambito del progetto Fata, punta a «fare luce sulle nuove minacce della contraffazione, sottolineare le sfide, presentare le buone pratiche nel settore pubblico e privato e proporre delle direzioni future di collaborazione tra le parti».

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Quanto pesa l’e-commerce nella diffusione di prodotti contraffatti?

Partiamo da un dato inequivocabile: tra il 2017 e il 2019 il 56% dei sequestri doganali in Ue è risultato avere un legame con le vendite online. Oltre a questo, il legame con cybercrime, furti di identità, criminalità organizzata e frodi nei pagamenti si fa sempre più stretto.

Il ruolo dell’online – in particolare di social network e marketplace – emerge in maniera evidente. La contraffazione viaggia per mare, terra e aria ma, in principio, la vendita spesso e volentieri è online. Con l’utilizzo sempre più ampio di internet per comprare (considerato anche il boost dato dalla pandemia) l’evoluzione della contraffazione nei mercati online è diventato un tema centrale da studiare e conoscere in modo approfondito per poterlo contrastare.

I dati contraffazione online Italia

In termini di valore economico, della merce sequestrata alla dogana Ue tra il 2017 e il 2019, il 14% è legato all’online. Le ragioni di questi giri? Innanzitutto, il fenomeno è legato alla difficoltà di intercettare un commercio che è fatto maggiormente da pacchi piccoli. Instagram è uno tra i veicoli maggiori di diffusione del commercio contraffatto online: nel 2016 sono stati individuati 20.892 account che vendevano prodotti contraffatti, nel 2019 sono diventati 56.769 (+171%).

Quali sono i legami tra contraffazione e altri reati cibernetici e finanziari? Furto di identità degli utenti, frodi nei pagamenti – un esempio, l’acquisto di prodotti tramite carte clonate -, resi fraudolenti – con questo si intende la restituzione di prodotti contraffatti al posto di quelli originali che sono stati acquistati -, la diffusione di ransomware e software malevoli tramite link e gli hidden links.

La allora ministra dell’Interno Luciana Lamorgese aveva celebrato lo studio parlando di «molti spunti di riflessione per rafforzare l’azione di tutela del settore dell’e-commerce che è costantemente esposto alle minacce criminali» e di «un’azione è necessaria non solo per salvaguardare i consumatori, soprattutto quelli più esposti alle truffe, ma anche gli imprenditori che subiscono danni alla loro immagine ed agli investimenti per le contraffazioni dei prodotti e le violazioni della proprietà industriale».

Come arginare il fenomeno?

Per ora – considerato quanto emerso – il consiglio è quello, secondo il progetto Fata, di conoscere una serie di buone pratiche che partano da un monitoraggio costante del fenomeno. La proposta è quella di costruire un osservatorio scientifico a partire proprio dal progetto From Awareness To Action.

Oltre a queso, le capacità tecnologiche e analitiche delle autorità pubbliche e delle aziende private devono migliorare al fine di sfruttare i dati disponibili e tracciare l’origine dei prodotti così come le inserzioni e le attività sul web e i venditori considerabili ad alto rischio.

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