«Con le raccolte di capitali di CrowdFundMe abbiamo generato 3.500 posti di lavoro»

L'intervista al Ceo e fondatore della piattaforma italiana. Con lui abbiamo parlato del 2023 delle raccolte fondi, dell'arrivo del Regolamento europeo sull'equity crowdfunding e delle prospettive per il futuro del settore

23/02/2024 di Matteo Forte

C’è un’azienda, una piattaforma italiana, leader nel settore del crowdfunding. Il nome è noto a tutti: parliamo di CrowdFundMe. Fondato nel 2012 da Tommaso Baldissera Pacchetti, il portale è tra i più famosi per quel che riguarda le cosiddette raccolte fondi dal basso, ma anche per tutto ciò che concerne i progetti basati sull’equity. Con il CEO e founder della piattaforma, abbiamo parlato dei dati del 2023 di questi segmenti, del futuro del settore, del nuovo Regolamento Europeo e di quali sono le problematiche che dovrebbero essere risolte per consentire una ripresa dopo quanto registrato nei precedenti 12 mesi.

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La piattaforma è consolidata da moltissimo tempo e, ovviamente, ha ottenuto la licenza Consob per poter operare in Italia. Ma anche all’estero, visti i vincoli sciolti dopo l’introduzione del Regolamento Europeo sul crowdfunding. Ed è per questo che il punto di vista di Tommaso Baldissera Pacchetti sul tema è privilegiato. E ce lo ha mostrato, ai microfoni di Giornalettismo, partendo proprio da una breve analisi di quanto accaduto lo scorso anno: «Diciamo che il 2023 è stato un anno abbastanza negativo. A partire dai dati sul venture capital, a livello proprio globale, che hanno portato a una flessione sostanzialmente, nel mondo, del 50% degli investimenti. E anche il mondo del crowd ne ha risentito abbastanza, anche se non in maniera così importante, ma con una flessione del 30%».

Numeri in calo per molti dei segmenti del crowdfunding in Italia, anche a causa di congiunture economiche internazionali. Ma per il futuro, sembra poterci essere qualche spiraglio di luce. Almeno secondo le aspettative: «Devo dire che il 2024 ha avuto degli outlook abbastanza positivi. Questo vuol dire che è ripartito sicuramente meglio, ma fare peggio dello scorso anno era difficile. Sicuramente, però, c’è una ripresa».

CrowdFundMe, l’intervista al CEO Tommaso Baldissera Pacchetti

Ma qual è il vento contrario che non riesce a far gonfiare le vele del crowdfunding in Italia? «I nemici sono stati una crisi globale che ha portato, insieme all’inflazione e anche al costo del denaro, a un rallentamento dei vari deal che ci sono stati nel susseguirsi degli anni – ci ha spiegato il CEO e founder di CrowdFundMe -. Quindi, una startup ha aspettato a raccogliere soldi, perché il momento non era del tutto propizio. Quando a livello macroeconomico vi è una forte contrazione o vi sono delle difficoltà, tutto il mondo delle startup e del venture capital ne soffre in maniera importante. Diciamo che sono i primi investimenti a saltare, proprio perché sono quelli un po’ più ad alto rischio e quelli un po’ più, come dire “allegri”. Sono dinamiche macro-economiche e il venture capital è proprio molto soggetto a tutto ciò».

E, di pari passo, c’è anche il tema della fiducia dei cittadini/utenti e potenziali investitori. Secondo Pacchetti, però, occorre una sorta di choc, qualche colpo andato a segno per smuovere la situazione: «Il primo grosso problema dell’equity crowdfunding in Italia è il fatto che non ci siano exit. Qui servirebbero, proprio a livello nazionale, 2/3 exit di qualche startup per far capire la bontà delle società sul quale si investe per far ripartire il circolo degli investimenti. Questo lo si evince soprattutto anche dal fatto che, invece, nel mondo del lending, dove i progetti sono sostanzialmente a 12/18 mesi, la frequenza di investimento medio ad investitore, quindi numero di investimenti medio per investitore, è più del triplo rispetto a quello dell’equity crowdfunding, dove la gente aspetta giustamente, perché il giro del cerchio del capitale è più lungo».

Il Regolamento UE recepito dall’Italia

Impossibile non parlare con il CEO di CrowdFundMe del nuovo Regolamento Europeo. E il suo giudizio non è propriamente esaltante.: «Rende tutto più complicato, soprattuto per le piattaforme – ha spiegato Pacchetti a GTT -. Perché son tanti adempimenti in più per portali che fratturano un milione di euro e, sostanzialmente, ci trattano come se fossimo una grande banca. Certamente, permette di lavorare oltre il confine e quindi di ampliare le opportunità e rendere più edotti gli investitori. Sì, si è voluto fare una normativa che interpretata in questa maniera, con queste complessità, con determinate funzioni, con obblighi solo in Italia. L’Europa ha messo delle linee guida e l’Italia le ha sopra-impalcate di funzioni, di processi. Per esempio, c’è un portale che era autorizzato in Spagna con cui fatto ho parlato e mi ha detto di non avere molti dei paletti e degli adempimenti che abbiamo noi. Quindi loro sono autorizzati in Spagna dalla Consob spagnola, sostanzialmente belli, puliti e lisci, mentre a noi ci hanno sovraccaricato».

«CrowdFundMe ha generato 3.500 posti di lavoro»

Dunque, nonostante la “cancellazione” dei confini nazionali, le differenze sostanziali restano. E l’Italia non sembra essere andata incontro alle esigenze delle piattaforme e dei portali di crowdfunding. Ma c’è anche un aspetto culturale che il CEO e fondatore di CrowdFundMe vuole sottolineare: «Non bisogna convincere la gente ad investire. La gente deve sapere che esiste, imparare e poi dopo, eventualmente, investire. Bisogna fare un lavoro educazionale, non di convincimento». Ma come fare? C’è un numero molto interessante che Pacchetti ci ha fornito e può rappresentare il volano (motivazionale) per la crescita del crowdfunding in Italia: «Secondo me, però, un dato molto interessante è quello legato al numero di posti di lavoro creato da ogni portale con la raccolta di capitali? Noi, per esempio, ne abbiamo creati 3.500».

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