Qual è l’attuale situazione contrattuale dei riders in Italia

C'è un contratto nazionale a cui fare riferimento: ecco cosa prevede (ricordiamoci anche di tutte le sfide che sono state affrontate per giungere a questo punto)

14/12/2023 di Gianmichele Laino

Sono serviti anni di dispute e di contrasti. Poi, alla fine, si è arrivati a una formulazione contrattuale che non ha mancato di sollevare dubbi, incertezze e – a volte – anche scontri abbastanza intensi. C’è chi, poi, ha deciso di prendere una propria strada, acquisendo lo stato dell’arte di un contratto nazionale dei riders e proponendo una soluzione personalizzata. Stiamo parlando, quindi, di quei contratti di lavoro che regolamentano le prestazioni di chi consegna cibo, spese e pacchi di altro genere a domicilio. Se da un lato, infatti, il mercato richiede maggiore sforzo nel settore del delivery, dall’altro chi faceva parte della filiera trovava una certa fatica – almeno fino al 2020 – nell’essere correttamente retribuito per le sue prestazioni. Attualmente, però, il mercato dei riders – che rientra a pieno diritto in quel macro-ambito che abbiamo definito Gig-Economy – ha trovato una sua fase di assestamento.

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Contratto nazionale riders, qual è lo stato dell’arte

La verità è che, al momento, in Italia vigono due forme contrattuali per i riders. La prima è quella che è stata concordata, inizialmente, nel 2020 da Assodelivery-UGL Rider. La seconda è quella che è stata prevista da Just Eat (in accordo con Cgil, Cisl e Uil) successivamente, nel 2021. Entrambe le formule contrattuali prevedono dei minimi di salario per ciascuna ora lavorata e delle tutele, ma da sole non bastano per coprire completamente la grande richiesta che, in questo momento, riguarda il settore del delivery.

La forma di contratto nazionale originaria (quella che è stata stipulata dalla platea più ampia di lavoratori, ovvero 27mila riders che lavorano per compagnie del calibro di Deliveroo, Glovo, UberEats) prevede una retribuzione oraria di 10 euro e un premio di 600 euro al raggiungimento delle 2000 consegne in un anno. Tuttavia, l’inquadramento dei drivers previsto da questo contratto è quello del lavoratore autonomo, a cui sono estese alcune tutele tipiche del lavoratore dipendente. Al contrario, invece, il contratto siglato da Just Eat si inserisce nel solco del contratto nazionale dei lavoratori della logistica, che rende i riders – di fatto – dei dipendenti dell’azienda. Il problema di fondo, però, è che questo tipo di contratto (che prevede, tra l’altro, una retribuzione oraria più bassa di un euro, ma che ha al suo interno delle tutele di tipo diverso) può essere esteso soltanto a un terzo dei riders che operano in orbita Just Eat: per i due terzi di riders che fanno consegne per questa multinazionale della Gig-Economy, invece, si chiede di applicare una forma differente di rapporto con gli acquirenti del servizio (nella fattispecie, gli esercenti che si avvalgono dei riders per le consegne).

Nonostante gli accordi, non sono mancati i contenziosi. È proprio del 2023 una sentenza della Corte d’Appello di Milano che ha riconosciuto un rapporto di subordinazione per un rider che aveva effettuato le sue prestazioni sotto al cappello di Deliveroo. Tuttavia, a quel pronunciamento, Deliveroo aveva risposto in questo modo: «Nessuna sentenza di nessun tribunale Italiano riconosce oggi l’inquadramento di lavoratore subordinato ai rider che collaborano con Deliveroo, che sono e restano pertanto lavoratori autonomi. Tra l’altro la decisione è relativa a un vecchio modello utilizzato che non è più in uso da anni». Il riferimento della sentenza, in effetti, era a una situazione che si era verificata nel 2018, ben prima della stipulazione di un contratto nazionale. Ancora oggi, comunque, si attenderanno novità, seguite inevitabilmente a quelle che le istituzioni europee stanno prevedendo per i lavoratori della Gig-Economy.

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