In Francia, il 32% dei contagi nelle scuole. Cosa sta succedendo, invece, in Italia?

L'analisi con Lorenzo Ruffino, che sta mappando le scuole del nostro Paese in cui si sono verificati i contagi

30/09/2020 di Gianmichele Laino

L’ultima settimana di contagi in Francia è stata preoccupante. Come, del resto, da qualche tempo a questa parte. L’Italia osserva con preoccupazione i dati che arrivano dagli altri Stati dell’Unione Europea e dal Regno Unito. Un ritmo di crescita della pandemia di gran lunga superiore a quello entro i nostri confini, ma che dovrebbe far suonare specifici campanelli d’allarme. Quello a proposito dei contagi nelle scuole appunto: in Francia, dove i ragazzi sono tornati tra i banchi già a partire dalla fine di agosto, le classi sono diventate un fattore importante sull’evoluzione della pandemia. Nell’ultima settimana, i contagi avvenuti a scuola sono stati il 32% del totale. E in Italia cosa succede?

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Contagi nelle scuole, la differenza tra Italia e Francia

Giornalettismo ha contattato Lorenzo Ruffino. Studente di Economics a Torino, insieme al dottorando in sistemi decisionali in Québec Vittorio Nicoletta ha realizzato un progetto a cui qualcuno, nelle alte sfere istituzionali italiane, avrebbe dovuto pensare prima dell’avvio del nuovo anno scolastico: il monitoraggio dei contagi nelle scuole del nostro Paese (si può consultare qui).

«In Italia – ci dice Lorenzo Ruffino – le scuole sono iniziate a scaglioni: alcune il 14 settembre, altre il 24 dopo le elezioni, altre ancora in anticipo (il 7 settembre a Bolzano, ndr). La situazione attuale è di 766 scuole in cui si sono verificati contagi per un totale di 871 persone coinvolte. Sulle 766 scuole, 71 hanno dato vita a un focolaio (almeno due persone contagiate), in 65 è stato effettuato il contact tracing senza nuove positività rispetto a quella originaria».

Contagi nelle scuole il prezioso lavoro di Lorenzo Ruffino e Vittorio Nicoletta

Sono dati, insomma, ancora molto lontani rispetto a quelli della Francia. «Rispetto ai nostri 71 casi di focolai nelle scuole, in Francia se ne registrano 285, mentre sono circa 900 gli istituti dove è stata avviata un’indagine epidemiologica. Una situazione diversa rispetto all’Italia: se consideriamo i nostri contagi settimanali, al momento quelli che si possono far risalire alle scuole sono un 3-4% del totale». Una percentuale ben diversa rispetto al 32% transalpino.

Ma ci sono delle condizioni che devono essere prese in considerazione: innanzitutto, la più ampia diffusione del virus sul territorio francese (che è causa e non soltanto conseguenza dei contagi nelle scuole), poi l’inizio dell’anno scolastico in anticipo rispetto alle date italiane. Su quest’ultimo punto, un elemento di correlazione possibile potrebbe essere quello con Bolzano: «Qui – spiega Lorenzo Ruffino – le scuole sono iniziate il 7 settembre e ci sono più casi, sebbene in una popolazione numericamente limitata. In generale, comunque, è ancora troppo presto per fare una previsione su quanto inciderà sulla curva del contagio la riapertura delle scuole in Italia».

L’epidemia può mutare rapidamente e ci sono fattori esterni che possono contribuire a farla crescere. La dimensione ipotetica che abbiamo a disposizione per quanto riguarda la popolazione scolastica ci è stata data da Andrea Crisanti, che ha dichiarato – prima dell’inizio dell’anno scolastico – che su 8 milioni di studenti, il 2-3% potrebbe risultare contagiato. «Non sono dati irreali in base a questi primi giorni – ci spiega Lorenzo Ruffino -, ma è ancora troppo presto per dire quanti casi ci saranno nel nostro Paese collegati alla riapertura delle scuole».

Quali sono i fattori che potrebbero condizionare i contagi nelle scuole

Su questo elemento influirà anche la rapidità di tracciamento, legata anche all’utilizzo dei cosiddetti test rapidi, rispetto ai quali il ministero della Salute ha dato il via libera anche per quanto riguarda le scuole: «Di questi test – specifica però Ruffino – bisogna valutare la sensibilità. È questo il vero tema: nelle varie regioni italiane, forse per un difetto di comunicazione, c’è stata molta confusione su questo punto. In Veneto si parla di un 94% di affidabilità, quando un tampone tradizionale ha un’affidabilità del 98%. In questo caso, il trade off potrebbe essere positivo: si rinuncia a un minimo di affidabilità, da sostituire con la rapidità dell’esito».

Il vero problema che tuttavia non è stato ancora preso sufficientemente in considerazione riguarda le misure di contrasto delle positività nei singoli istituti: «Oggi – conclude Ruffino – in diverse regioni, quando viene riscontrato un caso di positività, si preferisce chiudere l’intero istituto. In Italia, al momento, ci sono state 114 chiusure, per pochi giorni o per una/due settimane: così facendo non ci si rende conto che migliaia di studenti resteranno a casa, spesso con i nonni (e magari esponendoli a possibili contagi) e senza un’assistenza all’istruzione efficace, soprattutto per quanto riguarda le scuole primarie».

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