Anche le competenze digitali (e non) dei manager della PA devono essere migliorate

Le competenze digitali e non solo dei manager della Pubblica Amministrazione devono affinarsi per guidare il Paese attraverso i cambiamenti che deve affrontare

22/12/2023 di Ilaria Roncone

Anche i manager della Pubblica Amministrazione italiana devono migliorare le loro competenze digitali per trainare il Paese attraverso la digitalizzazione e l’attuazione del PNRR. Tutto questo è necessario per compiere i grandi progetti strategici che vedono il nostro Paese protagonista del suo stesso sviluppo. La sostanza dei fatti è, quindi, che l’approccio al management pubblico deve cambiare e a parlarne in maniera approfondita è stato Giancarlo Senatore, presidente di Intellera Consulting, tra le pagine del Il Sole 24 Ore.

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Serve un modello di management veloce e efficace

La PA, nel corso degli anni, è stata riformata più e più volte. Ogni ministro che è passato ha fatto riforme con differenti visioni di tipo politico e lo staff permanente si è trovato a inseguire le norme senza che ci fosse una visione prospettiva del manager pubblico del futuro. Il punto è che, negli anni, si sono sovrapposti una serie di modelli di PA italiana che non hanno permesso di inquadrare la situazione in maniera univoca.

In questo modo, ad oggi, ci troviamo di fronte uno scenario parecchio diversificato in cui – da un lato – ci sono «manager dotati di grandi conoscenze e capacità cognitive, il cui limite è soprattutto la capacità di execution» e – dall’altro – «grandi esecutori con spiccate capacità relazionali ma non sempre attenti alla formalità e alla complessità della macchina amministrativa», come scrive l’autore sul Sole. C’è poi questo convivere di «espressioni manageriali di altissimo livello (in percentuali minoritarie)» e «esempi critici di gestione, incapaci di assolvere alla funzione esistenziale di un dirigente che consiste nell’assumere decisioni, facendosi carico della relativa responsabilità». Questi ultimi sono in percentuale crescente e – dulcis in fundo –  «si propongono addirittura ad esempio per gli altri, come capaci di “navigare” senza decidere nulla ed ergendosi a sacerdoti della cosiddetta “dirigenza difensiva”».

Proprio questa cosiddetta “dirigenza difensiva” deve essere superata dai nuovi manager della PA, quelli che devono guidare il Paese attraverso il PNRR con la massima attenzione nei riguardi non solo della transizione digitale ma anche della transizione ecologica.

Come se ne esce? Puntando su una serie di elementi, tra cui le competenze digitali e innovative

Senatore, nell’articolo, propone uno studio OCSE del 2017 che definisce un approccio manageriale basato su un modello che comprende sei punti tra competenze, attitudini e conoscenza nell’ambito dell’innovazione del settore pubblico. Vediamo, quindi, su cosa bisogna puntare:

  • comprendere il valore dei dati (data literacy): questo significa che si devono utilizzare i dati nel supporto alle decisioni;
  • mettere il cittadini al centro: serve un approccio che sia centrato sull’utilizzatore dell’offerta dei servizi (pagare una multa, ad esempio, deve essere possibile online e facile);
  • avere una cultura del racconto che alimenti la narrativa dei valori che muovono la PA anche relativamente ai luoghi comuni spesso irrealistici, sia positivi che negativi, che alimentano questo settore;
  • essere curiosa, nel senso che deve esserci attenzione al nuovo da poter sfruttare nell’ambito della burocrazia;
  • deve esserci un’insofferenza per lo status quo che spinga a voler innovare e cambiare con coraggio ciò che va cambiato al di là della prassi che si è sempre conosciuta fino ad oggi (in tal senso viene segnalato che i giovani che entrano con ruoli manageriali negli enti pubblici vedono azzerate, in pochi mesi, le loro capacità proattive);
  • va introdotto un approccio concreto fatto di test, sperimentazioni, reiterazione di progetti.
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