Clemente Mastella: «Il mio caso giudiziario come quello di Enzo Tortora»

10/02/2020 di Enzo Boldi

Una vita passata in politica, con tanto di ruoli istituzionali di spicco. Poi le vicende giudiziarie e le indagini attorno alla sua figura e ai componenti della propria famiglia. Infine l’assoluzione. Ora Clemente Mastella è sindaco di Benevento (dimissionario), ma è pronto a ricandidarsi nuovamente alla poltrona di primo cittadino del comune del Sannio. Ora, dopo tutte le vicende che lo hanno visto sfortunato protagonista, utilizza un paragone ardito per parlare delle sensazioni che gli hanno provocato tutte quelle indagini finite, poi, come una bolla di sapone.

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«Il mio processo in primo grado durò dieci anni. Dieci per l’assoluzione. Venni accusato con mia moglie delle peggiori nefandezze. Il mio partito era stato indicato dalla Procura come ‘un’associazione a delinquere’, una cosa enorme, mai avvenuta neanche ai tempi di Tangentopoli, la Procura di Milano lì, almeno, si fermò. Alcuni dei procuratori che volevano condannarmi ora hanno fatto carriera, vedi a Potenza. Come nel caso Tortora. Si immagina cosa sarebbe successo se ci fosse stata, allora, la norma Bonafede?».

Clemente Mastella e il caso Enzo Tortora

Un paragone forte quello con Enzo Tortora e il suo caso giudiziario che iniziò il 17 giugno del 1983 quando fu svegliato all’alba dalle forze dell’ordine che lo arrestarono con l’accusa di traffico di sostanze stupefacenti e associazione a delinquere di stampo mafioso dopo le dichiarazioni di alcuni pregiudicati che avevano indicato proprio il nome del famoso conduttore tra quelli dei coinvolti in queste attività illecite. Poi la giustizia fece il suo corso e si dimostrò la sua completa estraneità a questi infami fatti contestati. Ma quei sette anni in carcere segnarono fortemente Tortora, sia moralmente che fisicamente.

Le accuse a Bonafede

E ora, a 36 anni di distanza, Clemente Mastella paragona il suo caso, le sue accuse (e la sentenza di assoluzione) al patibolo – anche mediatico – a cui era stato costretto Enzo Tortora in quel 1893. E se la prende anche con Alfonso Bonafede per via della riforma della prescrizione: «Moralisti dei miei stivali. Bonafede si è fatto ristrutturare, a spese del Ministero, quindi a spese dei cittadini italiani, l’alloggio di servizio con tutto quel che ne consegue e dove si
è trasferito a vivere.Quando ero io ministro rinunciai all’alloggio di servizio (come Orlando), e pure a misure
protettive per casa mia a Ceppaloni dal costo di 400 mila euro. Mia moglie, su questa cosa, ci fa un’interrogazione parlamentare. Ecchecazzo».

(foto di copertina: da pagina Facebook)

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