ChatGPT vietato a nelle scuole di NY: «Comprensibile e prevedibile, ma assolutamente inutile»

Oltre a tratteggiare la vicenda del divieto di ChatGPT a scuola di New York, abbiamo cercato di capire - intervistando una portavoce della piattaforma MyEdu - le implicazioni della scelta

09/01/2023 di Redazione

Del funzionamento e della diffusione di ChatGPT abbiamo ampiamente parlato nel nostro approfondimento dedicato. Uno dei potenziali utilizzi della chatbot che più ha fatto discutere – considerato che serve per produrre contenuti tramite l’intelligenza artificiale, siano testi complessi o siano codici o pezzi di programma – è quello nelle scuole. Sulla possibilità di ChatGPT a scuola i primi a muoversi sono stati i rappresentanti delle scuole pubbliche di New York iniziando, a partire dalla Grande Mela, un dibattito che sta già prendendo piede negli Stati Uniti e che è destinato a fare il giro del mondo.

Come funziona ChatGPT e da dove arrivano le preoccupazioni per l’utilizzo a scuola? Lo strumento gratuito permette, inserendo in una barra di ricerca una domanda, di ricevere in pochissimo tempo (tra i 5-6 secondi e i 20-30 secondi) risposte lunghe e aderenti a quanto richiesto. Proprio quel tipo di risposte che, sfruttando lo strumento durante un test o per fare i compiti a casa, potrebbe aiutare uno studente a barare e annullare la necessità di pensare e analizzare criticamente le questioni poste. Per di più – come abbiamo avuto modo di sperimentare facendo una serie di domande a ChatGPT – non sempre lo strumento restituisce informazioni veritiere.

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Il problema di ChatGPT a scuola e il divieto nelle scuole pubbliche di New York

Cosa è successo negli Stati Uniti? Il punto è che, chiedendo a ChatGPT di scrivere un saggio sulle cause della guerra civili americana – tanto per dirne una – lo strumento si sarebbe dimostrato capace di generare un contenuto che sembra frutto di mano umana in pochi secondi. Proprio questo il motivo che ha spinto i funzionari delle scuole di New York a bandire lo strumento dalle classi.

La decisione, quindi, è quella di limitare l’utilizzo dello strumento sui dispostivi e sulle reti scolastiche e a questo provvedimento guardano anche il distretto scolastico di Los Angeles e quello di South San Francisco. Nel mentre, anche gli insegnanti stanno cercando di capire come evitare gli imbrogli. Lato ChatGPT, i creatori affermano di stare cercando dei modi per contribuire alla prevenzione degli imbrogli nei palazzi scolastici.

Al netto del fatto che – come il CEO di OpenAI ha affermato – «c’è molto lavoro da fare sulla robustezza e sulla veridicità» dello strumento, che – come ha provato Associated Press chiedendolo direttamente a lui – offre un avvertimento molto misurato rispetto al fatto di non utilizzarlo tra le mura scolastiche. Va specificato che il dibattito è in pieno svolgimento negli Stati Uniti e che molti, tra docenti e funzionari, stanno ancora cercando di capire quale sia la posizione più giusta da tenere.

La prima organizzazione a muoversi, appunto, è stata quella delle scuole pubbliche di New York che ha dichiarato – giovedì scorso – di stare limitando l’accesso per via dei possibili impatti negativi sull’apprendimento degli studenti oltre che per le «preoccupazioni relative alla sicurezza e all’accuratezza dei contenuti». «Sebbene lo strumento sia in grado di fornire risposte rapide e semplici alle domande – ha affermato la portavoce di una delle scuole coinvolte nel processo decisionale a New York – non sviluppa le capacità di pensiero critico e di risoluzione dei problemi, che sono essenziali per il successo accademico e per tutta la vita». Rimane pur vero, quindi, che se uno studente decide di usare ChatGPT per fare i compiti a casa, in nessun modo questa scorciatoia possa essere inibita.

Il divieto di ChatGPT ha senso o non ha senso?

Volendo scendere in profondità nella questione, abbiamo scelto di interpellare Laura Fumagalli, responsabile di MyEdu (piattaforma che sfrutta il potenziale del digital in ogni ambito, da quelli che interessano gli studenti a quelli che competono gli insegnanti passando anche per gli interessi dei genitori. «Dal nostro punto di vista la scelta può essere comprensibile – spiega Fumagalli ai microfoni di Giornalettismoma è del tutto ininfluente. Primo perché è chiaramente simbolica e non effettiva, nel senso che gli studenti hanno comunque la possibilità di accedere a Chat GPT dai propri dispositivi personali. È quindi una presa di distanza istituzionale da un uso improprio di questo strumento: comprensibile, forse anche prevedibile, ma assolutamente inutile».

Cosa occorrerebbe fare, piuttosto? «Ci si può anche dichiarare contrari ma, dal nostro punto di vista, è più conveniente conoscere lo strumento e capire come gestirne le potenzialità e i rischi, affiancando anche gli studenti in questo nuovo percorso di conoscenza. Non crediamo che il “proibizionismo” abbia mai portato al risultato sperato e crediamo che non funzionerà nemmeno in questo contesto. Il mondo della scuola ha bisogno di regole, certo, ma non di divieti che spingano solo a cercare dei mezzi per eluderle», chiarisce la responsabile.

«Se gli studenti fanno ricorso a Chat GPT per “copiare” – prosegue – o addirittura farsi fare i compiti da un chatbot, non crediamo che il problema si risolva con un divieto ma costruendo un rapporto di stima e fiducia tra loro e i loro insegnanti. La chiave, dal nostro punto di vista, sta sempre nella responsabilizzazione di chi sta crescendo e imparando».

Quando l’AI è virtù a scuola

Non solo difetti, ovviamente, considerati i diversi ambiti – a livello scolastico e non solo – in cui l’utilizzo dell’intelligenza artificiale permette di valicare diversi limiti: «Una delle applicazioni più utili in questo senso è il supporto audio per aiutare le persone con disabilità: la sintesi vocale ha raggiunto grazie agli ultimi sviluppi una notevole capacità di imitare l’intonazione umana e può essere uno strumento essenziale per i non vedenti – elenca Fumagalli -. Altre estensioni interessanti riguardano l’ambito delle traduzioni, della correzione linguistica intesa non come correzione lessicale ma sintattica, che propone riformulazioni di frasi e testi, e può quindi essere un utile strumento di assistenza alla scrittura. Interessante anche la funzionalità di identificare gli elementi essenziali di un tema, utile quindi come supporto per chi fa ricerca. Addirittura è possibile, con l’intelligenza artificiale, descrivere con un testo un oggetto e averne ricreata l’immagine con le caratteristiche descritte».

Insomma, «è chiaro che l’intelligenza artificiale ha un potenziale enorme di supporto per la didattica, a patto che venga utilizzata come strumento di assistenza al lavoro umano, al pensiero critico». In conclusione, quindi, «proprio come per tutti gli strumenti tecnologici, la chiave per farne buon uso è che non si sostituiscano alle funzioni umane, ma che vengano intese come accompagnamento alle stesse e guidate con senso critico».

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