Ma perché, tra gli studenti, è diventata così importante la battaglia per usare i cellulari in classe?

Molte scuole, seguendo le linee guida contro il cyberbullismo, hanno prodotto delle circolari che vietano l'utilizzo dei telefoni. E i ragazzi - in molti casi - non sono d'accordo

24/10/2022 di Gianmichele Laino

Si tratta di una sorta di battaglia di rivendicazione, che scorre nelle chat di WhatsApp, di Telegram o nei DM di Instagram quando la campanella della scuola suona per annunciare la fine della giornata. È quella per tornare a usare con disinvoltura i cellulari in classe. Dopo il periodo della DAD e del distanziamento sociale – dove spesso i cellulari sono stati gli strumenti di connessione tra gli studenti e i loro docenti -, l’aggiornamento delle linee guida contro il cyberbullismo del ministero dell’Istruzione sono state il punto di partenza per diverse circolari diffuse all’interno delle scuole e che vietano l’utilizzo dei cellulari in classe. Addirittura, in molti casi, viene richiesto agli studenti di consegnare i loro device all’inizio delle lezioni, cercando quindi di ottenere, da parte loro, un focus molto più settato sulle lezioni, evitando fughe sui social network o utilizzi impropri della fotocamera dello smartphone stesso. Eppure, alcuni fatti di cronaca – come quello che si è svolto a Sezze – hanno in qualche modo fatto emergere il problema in questa prima parte dell’anno scolastico.

LEGGI ANCHE > Ma davvero in Italia circolano ancora temi di italiano su «Amicizia e social network» basati su testi del 2009?

Cellulari in classe, cosa sta succedendo nelle scuole italiane

Nel centro in provincia di Latina, ad esempio, una studentessa che si era rifiutata di consegnare il proprio smartphone ha chiamato i suoi genitori per darle supporto. Nell’ufficio del preside dell’istituto scolastico i toni si sono surriscaldati e sono dovute intervenire anche le forze dell’ordine. Nelle chat sui servizi di messaggistica, la storia è stata raccontata dalla studentessa protagonista come una sorta di rivendicazione di un diritto. Potremmo pensare a un diritto digitale – quello del possesso e dell’utilizzo dello smartphone – che è diventato indispensabile negli anni successivi alla pandemia. L’utilizzo del cellulare in classe è sempre stato di pessimo gusto. Ed è sempre stato considerato, dalle istituzioni scolastiche, uno strumento da osteggiare per evitare brutte sorprese nel corso di verifiche e interrogazioni (con suggerimenti che viaggiavano via sms prima, via WhatsApp dopo).

Tuttavia, con l’esplosione di social network come TikTok (e con il diffondersi di altre app di messaggistica), lo smartphone in classe è diventato principalmente lo strumento con cui filmare docenti e compagni di scuola, pubblicare in tempo reale video e foto sul web, creare – in alcune casi – situazioni imbarazzanti, sconfinate poi in veri e propri episodi di cyberbullismo. Per questo, le istituzioni scolastiche hanno avvertito l’esigenza di prendere delle misure più estreme nei confronti dell’utilizzo dei cellulari in classe.

Così facendo, però, si sono scontrati con la nuova esigenza di una generazione, con il bisogno estremo di essere sempre iperconnessi, con quelle che stanno diventando delle vere e proprie nuove dipendenze. L’atteggiamento proibizionista viene percepito come ostativo e gli studenti si stanno concentrando sempre più su queste battaglie come se fossero vere e proprie crociate per l’affermazione della libertà di espressione (rinunciando, invece, a battersi per l’edilizia scolastica, per una migliore diffusione della formazione di qualità, per la lotta al precariato dei docenti che incide fondamentalmente sulla formazione degli studenti). Siamo sicuri che requisire il cellulare all’inizio delle lezioni sia una buona idea e che, al contrario, non sia meglio discutere e confrontarsi sull’utilizzo consapevole delle nuove tecnologie che, ormai, vivono e respirano insieme a noi?

NB: L’articolo contiene, al suo interno, delle opinioni personali dell’estensore

Share this article