Le nuove linee guida di Agcom hanno realmente a che fare con il “caso Ferragni-Balocco”?

Molte testate, annunciando l'approvazione da parte dell'Autorità, hanno titolato parlando di una correlazione causa-effetto con la vicenda

11/01/2024 di Enzo Boldi

Scorrendo lungo le pagine online (ma anche cartacee) della maggior parte dei principali quotidiani e organi di informazione italiana, abbiamo riscontrato un “vulnus”. Viene attribuita la decisione presa – e comunicata – da parte dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni al recente caso che ha visto coinvolta (e su cui sono ancora in corso le indagini, come si evince dalla modifica nelle accuse) Chiara Ferragni e l’azienda di prodotti dolciari Balocco. Una vicenda a cui Giornalettismo ha dedicato un approfondimento dedicato poco prima delle festività natalizie. Ma è veramente così o si tratta di un’estrema sintesi giornalistica che, tra l’altro, utilizza l’atavica “tattica” del clic-bait?

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Per capirlo, occorre fornire un contesto fattuale e temporale. Da anni si parla di una regolamentazione, come tra l’altro si sta facendo anche nel resto d’Europa (e il DSA è un tassello importante, anche se dal punto di vista della responsabilità delle piattaforme), nel settore delle nuove professioni nate e cresciute grazie al mondo digitale. E, ovviamente, è impossibile escludere da questo settore gli influencer e i content creator. Ma anche le agenzie di influencer marketing che muovono le fila di parte di questo mercato. E Agcom aveva avviato da tempo un percorso, con tanto di consultazione pubblica, per dirimere una questione che, tra le tante cose, non è completamente risolta neanche dopo la pubblicazione e l’ufficialità di queste nuove linee guida ai sensi del Tusma (il Testo Unico dei Servizi dei Media Audiovisivi).

Il caso Ferragni-Balocco e le nuove linee guida AgCom

Era, infatti, il 13 luglio scorso (quando si parlava, senza moltissimi dettagli e accuse dirette, del caso Ferragni-Balocco molto limitatamente), quando l’Autorità Garante decise di avviare una consultazione pubblica sulle nuove linee guida per regolamentare questo mercato:

«Il presupposto è che gli influencer svolgono un’attività analoga o comunque assimilabile a quella dei fornitori di servizi di media audiovisivi sotto la giurisdizione nazionale e sono, dunque, chiamati al rispetto delle misure previste dal Testo unico, laddove ricorrano i requisiti evidenziati nel documento sottoposto a consultazione […] Un’estensione del quadro giuridico e regolamentare risulta conciliabile con la natura degli influencer in ragione della natura dell’attività da questi prestata e della sovrapponibilità della stessa con la fornitura di un servizio di media audiovisivo. L’Autorità intende dunque, con l’avvio della citata consultazione pubblica, individuare un quadro chiaro e trasparente delle disposizioni applicabili anche agli influencer, assicurando, tuttavia, di non prevedere oneri burocratici non necessari». 

La consultazione pubblica è stata pubblicata quello stesso giorno e ha avuto una validità di 60 giorni. Fino a ieri, mercoledì 10 gennaio, quando il Consiglio di Agcom ha approvato definitivamente quelle linee guida sottoposte al giudizio pubblico. Dunque, parliamo di una vicenda che ha viaggiato su binari differenti rispetto al suddetto caso di cronaca che ha riempito (e riempie ancora) le pagine dei quotidiani da settimane.

La contingenza temporale

Un aspetto che non può essere sottovalutato. Non sappiamo – e non possiamo saperlo – se quanto accaduto di recente abbia portato a un’accelerazione di questo processo decisionale da parte dell’Autorità. Sta di fatto che il calendario degli eventi mostra come la strada fosse già stata indicata a partire dal mese di luglio, proprio mentre in altri Paesi d’Europa si stava ragionando su nuove normative per regolamentare le pubblicità e gli adv degli influencer e dei content creator sulle piattaforme social.

Ma ci sono altri due aspetti che rendono “forzata” l’assolutistica correlazione tra il caso Ferragni-Balocco e le nuove linee guida di Agcom. Il primo riguarda l’applicazione di alcuni articoli del Tusma a questo universo digitale: certamente si fa riferimento a una serie di linguaggi (anche in termini pubblicitari) da rispettare, ma non è questo il caso. Il secondo, invece, è un fattore di tipo tecnico: nella vicenda che vede coinvolta l’imprenditrice e l’azienda dolciaria si fa riferimento a una pratica punibile già dal codice penale (articolo 640). Dunque, la legge per punire questo (eventuali e potenziali, in attesa di giudizio) tipo di condotta, esiste già ed è applicata dentro e fuori dalla rete.

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