Tutte le bugie del governo sulla legge sull’abbattimento dei cinghiali (anche in città): il fact-checking del WWF

L'organizzazione ha ripreso il testo dell'emendamento approvato nella Manovra 2023 (che oggi è stata approvata definitivamente anche dal Senato) e ha smentito le narrazioni del firmatario e di altri esponenti dell'esecutivo

29/12/2022 di Enzo Boldi

Questa mattina, il Senato della Repubblica ha approvato (attraverso il sistema del voto di fiducia, con 107 favorevoli, 69 contrari e un astenuto) il testo della Manovra 2023 che, dunque, è diventata legge (in attesa della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale). Evitato lo spettro dell’esercizio provvisorio, che sarebbe scattato in caso di mancata approvazione entro la mezzanotte del 31 dicembre, ma all’interno del testo originale approvato qualche settimana fa dal Consiglio dei Ministri, in Commissione Bilancio sono stati approvati altri emendamenti integrativi. Tra questi c’è la contestata modifica alla legge 157 del 1992 – quella che regolamenta il comparto venatorio in Italia -, con alcuni passaggi che aprono alla caccia ai cinghiali (e anche ad altre specie) anche all’interno aree protette o urbane. Ovvero in città.

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Il testo dell’emendamento (la proposta emendativa 78.015. firmata dal capogruppo di Fratelli d’Italia a Montecitorio, Tommaso Foti) approvato dalla Commissione Bilancio della Camera è online e indica a chiare lettere quali modifiche all’articolo 19 del testo originale della legge che regolamenta la caccia in Italia saranno attuate. E tra i cambiamenti, c’è anche il riferimento a quella che – a tutti gli effetti – sembra un via libera alla caccia cinghiali anche nelle città. Il testo, infatti, recita:

«Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per la tutela della biodiversità, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali e ittiche e per la tutela della pubblica incolumità e della sicurezza stradale, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia, comprese le aree protette e le aree urbane, anche nei giorni di silenzio venatorio e nei periodi di divieto. Qualora i metodi di controllo impiegati si rivelino inefficaci, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono autorizzare, sentito l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, piani di controllo numerico mediante abbattimento o cattura. Le attività di controllo di cui al presente comma non costituiscono attività venatoria».

I concetti-chiave sono due, mettiamoli in fila: “autorizzare abbattimento o cattura” “anche nelle zone vietate alla caccia, comprese le aree protette e le aree urbane”.

Caccia cinghiali, il fact-checking del WWF sull’emendamento

E proprio da qui è partito un fact-checking da parte del WWF. Non tanto sull’emendamento approvato, ma sulle dichiarazioni rilasciate da alcuni esponenti della maggioranza (di Fratelli d’Italia) per tentare di dare una logica diversa al testo. Non riuscendoci. E così, l’organizzazione è partita dalle dichiarazioni di Francesco Lollobrigida – Ministro dell’Agricoltura – che ha provato a smontare le polemiche con questa dichiarazione:

«Nessuno potrà andare a caccia di cinghiali nelle città: si interviene con un piano concertato dai vari ministeri per l’abbattimento come ultima istanza». 

Come si evince, però, dal testo dell’emendamento approvato, si fa riferimento proprio alle aree urbane e protette dove non c’è più lo scudo del divieto venatorio per determinate specie. Ma il fact-checking prosegue con la dichiarazione del primo firmatario, il deputato di FdI Tommaso Toti: «Non ci saranno “doppiette” al Colosseo». Parole che, però, non coincidono con quanto scritto nel testo. E, infatti, il WWF spiega:

«Dalla lettura della norma nulla esclude la possibilità che cacciatori effettuino attività di controllo che preveda l’abbattimento di specie animali selvatiche anche nel pieno centro delle città, in qualsiasi giorno della settimana e in ogni ora del giorno o della notte. I dati dei morti e feriti a causa dell’attività venatoria confermano che la caccia al cinghiale è quella più pericolosa per la pubblica incolumità, sia per il tipo di armi e munizioni utilizzate, sia per la modalità di svolgimento più comune, la braccata, che può coinvolgere anche centinaia di soggetti armati e che costringe i cinghiali a scappare terrorizzati in tutte le direzioni (anche verso strade e centri abitati) rincorsi da decine di cani. Il problema non sono solo le grandi città. L’Italia è costituita da una miriade di piccoli centri abitati rurali che sono già letteralmente occupati dai cacciatori soprattutto durante i fine settimana, con conseguenti rischi per i cittadini che hanno il coraggio di frequentare le aree verdi durante la stagione di caccia».

È come dice il WWF? Sì, visto quanto scritto nell’emendamento caccia cinghiali. Soprattutto per quel che riguarda il riferimento ai cacciatori che potranno essere gli esecutori materiali delle uccisioni degli animali in qualunque luogo. Il comma 3 dell’articolo 19 della legge 157 del 1992, infatti, è stato modificato così:

«I piani di cui al secondo periodo del comma 2 sono attuati dai cacciatori iscritti negli ambiti territoriali di caccia o nei comprensori alpini delle aree interessate, previa frequenza di corsi di formazione autorizzati dagli organi competenti a livello regionale o della provincia autonoma e sono coordinati dagli agenti dei corpi di polizia regionale o provinciale. Le autorità deputate al coordinamento dei piani possono avvalersi dei proprietari o dei conduttori dei fondi nei quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di licenza per l’esercizio venatorio e previa frequenza dei corsi di formazione autorizzati dagli organi competenti. Possono altresì avvalersi delle guardie venatorie, degli agenti dei corpi di polizia locale, con l’eventuale supporto, in termini tecnici e di coordinamento, del personale del Comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare dell’Arma dei carabinieri».

Dunque, cacciatori iscritti – su indicazioni che arriveranno del coordinamento delle guardie venatorie, della polizia locale e di altre forze dell’ordine – potranno essere chiamati a cacciare cinghiali (e non solo) nelle aree urbane e protette. Lo dice il testo dell’emendamento approvato.

La bugia sui sonniferi

Un ultimo aspetto molto interessante nel fact-checking del WWF sull’emendamento caccia cinghiali riguarda l’utilizzo di proiettili o sonniferi. Secondo il primo firmatario, sempre Tommaso Foti: «Si useranno le carabine, ma caricate coi sonniferi. Niente schioppettate nei giardini pubblici o sotto casa». Ma il testo approvato non fa alcun riferimento a tutto ciò e, come spiega il WWF, non ha alcun senso affermare cose non previste da quella che – oramai – è legge:

«La modifica parla esclusivamente di abbattimenti e affida il compito di effettuarli ai cacciatori. Le carabine caricate con gli anestetici (posto che sono armi del tutto diverse) non sono previste e comunque possono essere utilizzate solo da parte di soggetti specializzati sotto un rigido controllo veterinario. Tutto questo non è presente nel testo di cui si discute. La stessa telenarcosi già oggi trova spesso difficoltà di applicazione in ambito urbano proprio perché non totalmente priva di rischi per l’incolumità della popolazione, pur essendo usata nell’arco di poche decine di metri, figurarsi l’uso di armi con gittata di oltre un chilometro».

Dunque, appare evidente che il testo approvato dica una cosa molto chiara e che gli esponenti del governo (e non solo il firmatario) abbiano raccontato una realtà differente rispetto all’impatto che queste modifiche alla legge che regolamenta la caccia in Italia avranno.

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