Il ministro Bonafede ha ‘congelato’ l’indagine sul padre di Di Battista
20/09/2018 di Redazione
Se ne parla da prima dell’estate. Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, esponente del Movimento 5 Stelle, deve decidere se fermare o meno l’indagine su Vittorio Di Battista, padre di Alessandro Di Battista, autore il 23 maggio di un post su Facebook con offese e minacce al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Come spiega oggi il quotidiano Repubblica (in un articolo a firma di Giuseppe Scarpa) sono passati quasi quattro mesi e il Guardasigilli non ha ancora assunto la decisione sul fascicolo che giace sulla sua scrivania, quasi a voler congelare l’indagine. Il fascicolo inviato a Bonafede era stato iscritto con un titolo pesante. I magistrati avevano cambiato la contestazione da ‘Offesa all’onore o al prestigio del presidente della Repubblica’ (articolo 278 del codice penale) ad un più grave ‘Offesa alla libertà del presidente della Repubblica‘ (articolo 277), punito con la reclusione da 5 a 15 anni . Il codice penale stabilisce (articolo 313) che per quei delitti «non si può procedere senza l’autorizzazione del Ministro per la giustizia».
Il ministro della Giustizia Bonafede e l’indagine sul padre di Di Battista ‘congelata’
Il post su Facebook contro il capo dello Stato di Vittorio Di Battista è stato pubblicato nello stesso giorno in cui Mattarella affidava a Giuseppe Conte il primo incarico di formare un governo. Di Battista padre pubblicava un lungo messaggio, poi rimosso, dal titolo «I dolori di mister allegria» estremamente offensivo nei confronti del presidente. Vittorio Di Battista affermava che gli italiani dovrebbero assaltare il Quirinale («È più di una Bastiglia, ha quadri, arazzi, tappeti e statue. Se il popolo incazzato dovesse assaltarlo, altro che mattoni») e avvertiva Mattarella («Forza, mister Allegria, fai il tuo dovere ed eviterai seccature»). «È il papà di tutti noi – scriveva nel post scriveva Vittorio Di Battista del capo dello Stato –. È quello che si preoccupa di varare un governo. È quello che ha avallato la legge elettorale che impedisce di varare un governo. Poveretto, quanto lo capisco». E ancora, continuava: «Poveretto, quanto lo capisco». «Lo capisco e per questo, mi permetto di dargli un consiglio, un consiglio a costo zero. Vada a rileggere le vicende della Bastiglia».
(Foto di copertina da archivio Ansa)