Ora che le Big Tech devono rispettare il DMA, cosa cambia per gli utenti?
Andando oltre obblighi e liste di aziende, cosa cambia - ora che la questione Big Tech e DMA è nel vivo - per gli utenti che utilizzano i servizi coinvolti?
07/09/2023 di Ilaria Roncone
Big Tech e DMA: nel monografico di oggi stiamo spiegando quali sono le aziende coinvolte, quali obblighi dovranno essere rispettati in quale lasso di tempo, cosa succede se non li si rispetta e secondo quali criteri sono stati scelto (o esclusi) i nomi che sono entrati nella rosa dei gatekeeper poiché ritenuti talmente potenti da influenzare il mercato interno andando a modellare i rapporti tra gli utenti e tra le aziende. Al di là delle regole che le aziende dovranno rispettare, però, come cambia la fruizione per gli utenti?
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Quali sono i servizi che devono rispettare il Digital Markets Act
Sono sei le grandi piattaforme selezionate come gatekeeper per un totale di ventidue servizi interessati al rispetto delle regole e ai conseguenti cambiamenti per gli utenti. Abbiamo Alphabet (holding di Google), Apple, Amazon, Meta (che possiede Facebook, Instagram e Whatsapp), Bytedance (che possiede TikTok) e Micorosft.
Per quanto riguarda i servizi “core”, nella lista troviamo: TikTok, Instagram, Facebook, LinkedIn (sotto il cappello social network); Whatsapp e Messenger (ambito messaggistica); Youtube (video); Google Search (ambito ricerca); Chrome e Safari (categoria browser); in ambito pubblicitario compaiono Meta, Amazon e Google mentre Andoid, iOS e Windows sono considerati sistemi operativi. Sono inclusi negli ambiti dell’e-commerce e dell’intermediazione Google Maps, Google Play, Google Shopping, Amazon Martketplace e Meta Marketplace e l’App Store.
Big Tech e DMA: cosa cambia per gli utenti che usano questi servizi?
Al di là delle liste e dei servizi interessati, cos’è che cambia effettivamente per gli utenti coinvolti? Partiamo, innanzitutto, dalla questione dell’interoperabilità tra i servizi che punta a creare un unico ecosistema. Un esempio? Whatsapp dovrà permettere, utilizzandolo, di contattare un utente che non lo usa ma che – per esempio – ha installato sul suo smartphone Singal o Telegram. C’è poi il discorso delle app preinstallate sui telefoni: lo scopo è impedire che vengano preinstallate determinate applicazioni fornite di default dai colossi dando anche agli utenti la possibilità di disinstallarle andando, di fatti, a scegliere quali servizi utilizzare. A questo punto, quindi, dovrebbe essere idealmente possibile arrivare a disinstallare iOS da un iPhone.
A chi gestisce piattaforme di e-commerce o social network spetta il diritto di capire i meccanismi che regolamentano la pubblicità e l’indicizzazione dei prodotti che portano uno piuttosto che un altro ad essere raccomandato. Tutto dovrà essere trasparente a favore dei produttori, che avranno diritto di conoscere queste informazioni. I colossi, oltre a questo, non potranno neanche mettere in cima alle liste e in vetrina i propri prodotti.
C’è anche un capitolo dati: come ormai sappiamo bene, nell’esercizio delle loro funzioni tutti questi servizi ne raccolgono moltissimi (sia dei singoli utenti che delle aziende che li adoperano) e, grazie a questi, possono ottimizzare i proprio prodotti creando una posizione di vantaggio rispetto a quelli degli altri. Questi dati, stando al DMA, dovranno essere aperti e resi disponibili ai concorrenti.