Musk ha tentato di bannare il nome Twitter, ma il tentativo sembra fallito

Nei giorni scorsi, al posto di Twitter.com, veniva effettuata una sostituzione automatica con la dicitura x.com. Ma la cosa ha avuto delle conseguenze

15/04/2024 di Gianmichele Laino

I brand sono una delle cose che maggiormente entrano nell’immaginario collettivo delle persone. Per questo, ogni volta che si affronta una operazione di rebranding di un marchio molto famoso, bisogna stare particolarmente attenti: è necessario fare un battage promozionale notevole, investire tanto nel marketing, superare gli ostacoli derivanti dal radicamento nell’opinione pubblica di tutti i simboli attinenti al passato, prolungare queste campagne nel tempo. L’imposizione, la forzatura, il tentativo di mettere a regime un cambiamento all’improvviso non ha mai pagato. Per entrare in argomento, il nome “Twitter” è sempre stato affascinante e indicativo di un passaggio di stato nel mondo della comunicazione. Per questo, il desiderio di Elon Musk di cambiargli nome e di trasformarlo in “X” (rinunciando anche allo storico simbolo dell’uccellino) si sta rivelando più complesso da digerire, anche per una persona come lui che non ha certo problemi di visibilità e di investimenti in ambito marketing. Se nei giorni scorsi il proprietario di X ha dovuto fare i conti con l’abitudine ancora diffusa (anche nell’ecosistema mediatico) di affiancare al nome “X” la sempre necessaria specifica “ex Twitter”, l’ultimo tentativo di damnatio memoriae del nome individuato dal fondatore Jack Dorsey è stato l’ennesimo tentativo fallito di far tramontare il vecchio brand. Infatti, Musk ha cercato di applicare un vero e proprio ban al nome Twitter su X. 

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Ban al nome Twitter su X, cosa ha deciso di fare Elon Musk e come è andata

Fino a una settimana fa, infatti, nelle versioni dell’app di X per iOS, tutte le persone che, all’interno di un post, usavano la stringa twitter.com notavano una notifica automatica della stringa stessa in x.com. Insomma, una vera e propria sostituzione coatta che valeva anche quando “twitter.com” si trovava all’interno di un’altra parola. Automaticamente, il team di moderazione del social network aveva dato un comando semplice: sostituire il dominio (che, tra l’altro, lo stesso X utilizza ancora) con quello più recente, in barba a qualsiasi regola e a discapito di qualsiasi problema di sicurezza derivante da tutto ciò.

La misura coercitiva era anche retroattiva, dal momento che anche i vecchi post sul social network venivano automaticamente cambiati. I maggiori problemi si verificavano quando twitter.com si trovava all’interno di un’altra espressione. Molte aziende che hanno il nome che finisce per X, infatti, potevano essere utilizzate come inconsapevole strumento di phishing. In un altro articolo del nostro monografico, spieghiamo perché questa cosa poteva rappresentare un assist (per forza di cose involontario) a potenziali truffatori.

Tant’è che, alla fine, Elon Musk ha dovuto fare marcia indietro e tornare sui suoi passi. Adesso, su X, si può tornare liberamente a scrivere twitter.com senza conseguenze. Ma, ovviamente, tutta questa storia ha rappresentato l’ennesimo danno di immagine al social network di Elon Musk e alle sue decisioni basate esclusivamente su intuizioni e pancia (senza un esame attento di ciò che potrebbe accadere). Oltre che la certificazione dell’impossibilità di far digerire un cambiamento deciso ex machina.

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