Perché in Italia il servizio Amazon RxPass non può funzionare

Almeno per il momento, le leggi vigenti impediscono la vendita di prodotti farmaceutici soggetti a prescrizione al di fuori delle farmacie. Ma ci sono anche altri princìpi legati alla pubblicità sui prodotti "non da banco"

27/02/2023 di Enzo Boldi

Lo scorso 24 gennaio, il più famoso portale di e-commerce ha deciso di lanciare una nuova iniziativa (un vero e proprio servizio) che – almeno per il momento – è limitato agli utenti americani che hanno già sottoscritto un abbonamento. Si tratta di Amazon RxPass, una costola dell’Amazon Pharmacy, che – però – in Italia potrebbe non arrivare mai. I motivi sono molteplici: si va dal trasferimento di dati sanitari degli utenti italiani (ma anche Europei) verso un Paese terzo, passando per i limiti prescritti dal Codice del Farmaco. Insomma, in attesa di avere un riscontro reale sul successo – negli Stati Uniti – di questo nuovo progetto che si basa sulla vendita di farmaci (non tutti) generici soggetti a prescrizione, proviamo a capire perché tutto ciò potrebbe non vedere mai la luce nel nostro Paese.

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Come spiegato sul blog di Amazon nel momento dell’annuncio del nuovo servizio RxPass – a disposizione degli utenti abbonati (il costo è di 5 dollari al mese che si aggiungono all’abbonamento Prime – necessario – che oltreoceano ha un prezzo di 139 dollari all’anno) – consente di acquistare oltre 50 farmaci generici (per circa 80 patologie croniche) prescritti da un medico. Dunque, i pazienti possono comprare un determinato prodotto inserendo la prescrizione – la “ricetta medica” – direttamente online sulla piattaforma e riceverli a casa. Tutto ciò è in linea con la normativa vigente negli Stati Uniti, ma non lo sarebbe con quella italiana (per l’aspetto della vendita-acquisto) ed europea (per quel che riguarda i princìpi di scontistica e pubblicità). Andiamo a scoprire il perché.

Amazon RxPass Italia, perché non può funzionare

Partiamo proprio dal nostro Paese, iniziando dal motivo per cui il binomio Amazon RxPass-Italia non può sussistere (almeno per il momento). Il Codice del Farmaco, in particolare l’articolo 112-quater del decreto legislativo 219/2006, vieta espressamente la vendita a distanza (quindi anche online) di prodotti soggetti a prescrizione medica. Dunque, tutti quei farmaci (generici o no) che possono essere acquistati solamente dopo aver presentato al farmacista una ricetta firmata dal medico del SSN, non possono essere commercializzati su piattaforme digitali online. La stessa norma, spiega come i cosiddetti farmaci da banco possano essere venduti anche da esercizi commerciali autorizzati (come le parafarmacie e i punti vendita della grande distribuzione) attraverso portali di e-commerce (anch’essi devono essere autorizzati dall’ente preposto al controllo sul territorio, ovvero le Regioni coadiuvate dal Ministero della Salute). Ma è esclusa la possibilità di commercializzare (fisicamente e online) i prodotti soggetti alla prescrizione del medico curante. Nello specifico, infatti, l’articolo 112-quater recita:

«Tale attività è espressamente esclusa per i medicinali con obbligo di prescrizione medica i quali devono essere dispensati, secondo la vigente normativa, solamente in farmacia dal farmacista». 

Dunque, la normativa vigente inserita nel Codice del Farmaco vieta – di fatto – la possibilità che il binomio Amazon RxPass-Italia possa diventare realtà. I prodotti medici soggetti a prescrizione non possono essere venduti al di fuori di una farmacia fisica, dove il paziente dovrà consegnare la propria “ricetta” per concludere il percorso di validazione per l’acquisizione del farmaco.

Sconti e pubblicità

Oltre a questi dettagli fondamentali per la regolamentazione del mercato dei farmaci soggetti a prescrizione medica, ci sono anche altri aspetti nazionali e sovranazionali che – almeno per il momento – rendono impossibile l’arrivo di questo servizio nel nostro Paese (e non solo). Innanzitutto, occorre aprire un piccolo specchietto sul tema degli sconti e delle offerte (aspetto molto caro ad Amazon che, però, non è in linea con i dettami della legge italiana) al pubblico. Nel nostro Paese, infatti, le farmacie autorizzate non solo alla vendita fisica ma anche a quella online, devono rispettare un paletto fondamentale: se un prodotto da banco viene offerto al cliente-paziente a un prezzo ridotto presso il sito ufficiale (che deve avere diverse caratteristiche, tra cui il rimando – tramite link – al portale del Ministero della Salute, previa autorizzazione), quello stesso prezzo deve essere proposto all’interno della farmacia fisica. Dunque, l’online deve corrispondere al “reale”. Inoltre, e questo non è un aspetto sottovalutabile, i farmaci dispensabili esclusivamente attraverso la presentazione di una ricetta medica non possono essere scontati, in quanto sono rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN).

Ma c’è anche un altro aspetto che si lega inesorabilmente alle dinamiche attorno a cui si permea Amazon RxPass: la pubblicità. Navigandolo online, sui social, guardando la televisione, ascoltando la radio o passando davanti ad alcuni cartelloni installati su strada, capita spesso di incrociare spot (di diverse forme) in cui viene reclamizzato un prodotto farmaceutico. Tutto ciò accade perché il Codice del Farmaco lo consente, ma esclusivamente per i cosiddetti “prodotti da banco”. Per i farmaci dispensabili solo grazie alla prescrizione medica, come normato dai commi 1 e 2 dell’articolo 115 del suddetto Codice, la dinamica è differente. Anzi, la pubblicità è completamente vietata:

  1. Possono essere oggetto di pubblicità presso il pubblico medicinali che, per la loro composizione e il loro obiettivo terapeutico, sono concepiti e realizzati per essere utilizzati senza intervento di un medico per la diagnosi, la prescrizione o la sorveglianza nel corso del trattamento e, se necessario, con il consiglio del farmacista.
  2. È vietata la pubblicità presso il pubblico dei medicinali che possono essere forniti soltanto dietro presentazione di ricetta medica o che contengono sostanze psicotrope o stupefacenti; in deroga a tale divieto il Ministero della salute può autorizzare campagne di vaccinazione promosse da imprese farmaceutiche.

Dunque, è per legge impossibile reclamizzare prodotti farmaceutici soggetti a prescrizione medica. E il sillogismo porta a estendere questo criterio anche alla reclamizzazione (basti pensare agli annunci ad hoc derivanti dalla profilazione di un utente iscritto su Amazon) che avviene inesorabilmente sulla piattaforma di e-commerce. Perché la definizione stessa del concetto di “pubblicità” scritta nell’incipit dell’articolo 113 del Codice del Farmaco inserisce – di fatto – anche le dinamiche con cuoi agisce Amazon all’interno delle pratiche non lecite:

«Si intende per “pubblicità di medicinali” qualsiasi azione d’informazione, di ricerca della clientela o di esortazione, intesa a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali».

Dunque, diventa del tutto impossibile – stando a questa normativa e aggiungendo a tutto ciò anche una recente sentenza della Corte di Giustizia UE e a una direttiva datata 2001 sul concetto di pubblicità pensare che il servizio Amazon RxPass arrivi nel nostro Paese. E, probabilmente, potrebbe non arrivare mai neanche in Europa. Almeno stando alle leggi attualmente vigenti.

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