Come funziona il “prezioso” algoritmo di TikTok

Qualora ByteDance decidesse di vendere la piattaforma, il prezzo si moltiplicherebbe in base alla cessione dell'algoritmo

29/04/2024 di Enzo Boldi

È l’elemento più prezioso di ogni singola piattaforma digitale. Ha un’importanza strategica nella gestione delle dinamiche online ed è la base che – in linea teorica – dovrebbe distinguere un social network dall’altro. Instagram ne ha uno, Facebook un altro. Princìpi di base differente che creano anche pubblichi differenti. Non è un caso, infatti, che l’algoritmo di TikTok sia uno dei prodotti digitali che fanno più gola al mercato del tech. E, di conseguenza, non è un caso che l’eventuale vendita della piattaforma – secondo quanto prescritto da una legge americana firmata dal Presidente Joe Biden – è condizionata proprio dall’algoritmo. Anche in termini di prezzo.

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Secondo le ultime stime, il valore della piattaforma negli Stati Uniti si aggira tra i 20 e i 100 miliardi di dollari. Una forchetta ampissima, figlia di considerazioni tecniche. Senza algoritmo vale almeno 20 miliardi, con algoritmo la cifra cresce. E non di poco. Perché è questo l’elemento discriminante e anche quello che ByteDance, l’azienda cinese proprietaria della piattaforma, non ha intenzione di cedere per timori legati alla concorrenza (Meta, per esempio, è americana).

Algoritmo TikTok, come funziona e perché è “prezioso”

Dunque, si tratta dell’elemento principale del pacchetto. Ma come funziona l’algoritmo TikTok? In una guida pubblicata nell’ormai lontano giugno 2020, relativamente al feed “Per te” (ovvero quello algoritmico) che non è altro che quella dinamica che si innesca quando iniziamo a scrollare video sulla piattaforma. Ed è proprio quell’azione ad alimentare questo enorme sistema. Un sistema di “raccomandazioni” che si forgia – come spiega la stessa piattaforma – su tre elementi cardine:

  • Interazioni dell’utente come i video che ti piacciono o che condividi, gli account che segui, i commenti che pubblichi e i contenuti che crei.
  • Informazioni sul video , che potrebbero includere dettagli come didascalie, suoni e hashtag.
  • Impostazioni del dispositivo e dell’account come la preferenza della lingua, l’impostazione del paese e il tipo di dispositivo. Questi fattori sono inclusi per garantire che il sistema sia ottimizzato per le prestazioni, ma ricevono un peso inferiore nel sistema di consigli rispetto ad altri punti dati che misuriamo poiché gli utenti non li esprimono attivamente come preferenze.

Tre princìpi che alimentano questo algoritmo che, ovviamente, si basa sul machine learning che – a sua volta – è alimentato dalle abitudini di navigazione degli utenti.

In parole semplici

In questa spiegazione ufficiale dell’algoritmo TikTok, però, mancano i dettagli. Perché questi tre fattori che, una volta elaborati, personalizzano il feed dell’utente, sono figli anche di un’altra dinamica che cercheremo di spiegare con concetti piuttosto semplici. Quando un utente pubblica un contenuto sulla piattaforma, circa il 20% dei suoi follower vedranno quel video. Il restante 80% delle visualizzazioni derivano da coloro i quali non sono follower. Dunque, l’obiettivo è ampliare la platea. Piccola postilla: il totale di chi visualizza quel contenuto fa parte della “nicchia”, ovvero di coloro i quali producono o visualizzano video su trend simili o stessi argomenti. Ma questo è solo l’inizio. L’algoritmo procede con l’analisi delle visualizzazioni dei contenuti: dal tempo di permanenza e riproduzione, fino ad arrivare all’engagement (reazioni, like, commenti e condivisioni). Ed è qui che subentra il machine learning. Tutti questi dati vengono inseriti in un calderone che viene analizzato e permette di premiare un contenuto rispetto a un altro. Si tratta di una spiegazione semplificata che non tiene conto delle tecnologie che rientrano in una sorta di segreto aziendale. Un bene “prezioso” che ByteDance non sembra avere intenzione di vendere.

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