I vari modi in cui l’AI può aiutarci a combattere il cambiamento climatico

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Da un lato c'è un problema di emissioni da parte delle aziende Tech, dall'altro ci sono strumenti in grado di ridurle consentendo anche di effettuare previsioni e intervenire per tempo

In un nostro approfondimento pubblicato nell’aprile scorso, abbiamo analizzato il livello di emissioni (e consumo di acqua) di ChatGPT, il chatbot basato sull’intelligenza artificiale conversazionale sviluppato da OpenAI che ha attirato l’attenzione di molti. I dati emersi, dunque, dovrebbero andare in controtendenza rispetto all’assunto che strumenti e tecnologie basati sull’AI siano in grado di contrastare e aiutare l’essere umano a combattere il cambiamento climatico e il surriscaldamento globale. In realtà, però, questa è solo una faccia della medaglia visto che lo sviluppo di sistemi “intelligenti” possono essere di supporto (dal punto di vista dell’analisi e delle previsioni) per operare al meglio e ridurre le emissioni, gli sprechi e i consumi.



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Come riporta un report di BCG Consulting, AI e cambiamento climatico possono viaggiare sugli stessi binari seguendo tre principi fondamentali: mitigazione, adattabilità e resilienza. Aspetti che sono uniti tra di loro e che, attraverso strumenti in continuo aggiornamento, devono essere la stella polare per evitare di ingolfare il nostro pianeta che da decenni è alle prese con una produzione fuori controllo di gas nocivi. All’interno del documento, per esempio, si spiega come l’intelligenza artificiale possa essere utilizzata per la riduzione dei consumi e, di conseguenza, per ridurre l’emissione di CO2.



AI e cambiamento climatico, come può aiutare a combatterlo

Si parte dai trasporti: veicoli (in questo settore devono necessariamente inseriti anche aerei, navi e treni) dotati di strumentazioni di intelligenza artificiale sono in grado di ridurre i consumi (quindi le emissioni). Anche l’agricoltura può trarre i suoi benefici, soprattutto nella sua chiave digitale: le nuove tecnologie consentono di non sprecare quel bene fondamentale per la sopravvivenza dell’essere umano, animale e vegetale. Parliamo dell’acqua. Per fare un esempio: la rete idrica italiana ha falle da Nord a Sud e sistemi di AI possono aiutare non solo a individuare le storture, ma anche a intervenire. A tutto ciò si aggiunge la razionalizzazione (in base all’utilità) del consumo dell’acqua dolce per una irrigazione senza sprechi.

Stesso discorso vale per quel che riguarda il dissesto idrogeologico. Giornalettismo, per esempio, ha analizzato gli aspetti del tool AI di Google, Flood Hub. Si tratta di uno strumento che incrocia diversi dati (sia per provenienza che per tipologia) per poi produrre un’analisi predittiva (attraverso tecniche di machine learning e algoritmi basati sull’intelligenza artificiale) di possibili esondazioni dei bacini fluviali.



I lati oscuri

Ma è tutto oro quello che luccica? All’inizio di questo articolo abbiamo parlato di come le aziende tecnologiche (in particolari le cosiddette Big Tech) contribuiscano all’inquinamento ambientale su larga scala. E sono proprio questi colossi, nella maggior parte dei casi, ad aver puntato sullo sviluppo di strumenti di intelligenza artificiale. Dunque, si pone un vulnus generale sulla questione AI e cambiamento climatico. Questo è dettato da una produzione intensiva per poter processare un’enorme quantità di dati (sia in fase di input che in fase di output), con l’utilizzo di minerali la cui estrazione è molto dispendiosa in termini di costo lavorativo e ambientale. A tutto ciò si unisce il quantitativo di acqua utilizzata per il raffreddamento dei server.

Si tratta di problematiche non secondaria, anzi fondamentali. Perché se è vero che l’intelligenza artificiale può essere uno strumento utile per aiutare a contrastare il cambiamento climatico, è altrettanto vero che occorre una razionalizzazione e una netta riduzione delle emissioni da parte dei grandi attori protagonisti del mondo dell’AI. La cura non può essere la causa di un evento.