È più minacciosa l’AI o il cambiamento climatico? Il pioniere dell’intelligenza artificiale non ha dubbi
Qualche settimana fa, Geoffrey Hinton ha spiegato la sua posizione. Dopo aver lasciato Google, ha detto di essere più preoccupato da una minaccia che non sembra avere controllo
25/05/2023 di Redazione Giornalettismo
Piccola premessa prima di iniziare: in questo articolo viene riportata la posizione di Geoffrey Hinton, uno dei pionieri dell’intelligenza artificiale. Altra ulteriore precisazione: il 75enne britannico che ha da poco lasciato Google, non vuole minimamente sminuire il problema del cambiamento climatico, ma sottolinea come per questo aspetto le soluzioni (non applicate) ci siano, mentre per l’AI non ci sia ancora alcun rimedio per scongiurare eventi nefasti. Due aspetti che Giornalettismo ha voluto sottolineare ancor prima di riportare e descrivere le sue parole, visto che si parla di due argomenti molto delicati: il primo (l’intelligenza artificiale) ha iniziato solo ora a mostrare i suoi effetti, il secondo (il cambiamento climatico) da anni ci “avvisa” di come l’essere umano sia stato in grado di devastare l’ambiente senza fare alcun passo indietro per quel che riguarda le emissioni di CO2.
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Fatto questo doveroso preludio, andiamo ora a leggere e comprendere a fondo il pensiero di Geoffrey Hinton che, solo qualche settimana fa, aveva parlato dei livelli differenti di minaccia (soprattutto in termini di “risposta”) evidenziati dall’intelligenza artificiale e dal cambiamento climatico. In un’intervista alla Reuters, il pioniere dell’AI – che solo poco tempo fa ha deciso di lasciare Alphabet (quindi Google) per avere la possibilità di enunciare al mondo i rischi di uno sviluppo incontrollato di questa tecnologia – ha spiegato:
«Non vorrei svalutare il cambiamento climatico. Non vorrei dire: “Non dovresti preoccuparti del cambiamento climatico” Anche questo è un rischio enorme, ma penso che questo potrebbe finire per essere più urgente».
Parole che vengono ulteriormente approfondite nel resto della sua intervista rilasciata all’agenzia di stampa britannica, mettendo in evidenza un aspetto fondamentale e che sta alla base del suo ragionamento che contrappone le preoccupazioni per il cambiamento climatico a quelle per i rischi dell’intelligenza artificiale:
«Per quanto riguarda il cambiamento climatico, è molto facile raccomandare ciò che si dovrebbe fare: smettere di bruciare carbonio. Se lo si fa, alla fine le cose andranno bene. Per l’AI non è affatto chiaro cosa si dovrebbe fare».
Questa seconda dichiarazione spiega le premesse iniziali che abbiamo deciso di inserire nell’incipit di questo articolo.
Geoffrey Hinton, la minaccia dell’AI e il cambiamento climatico
Come spiega Geoffrey Hinton, non devastare il pianeta con le emissioni di CO2 e altre sostanze nocive è piuttosto semplice e intuitivo: non produrre più anidride carbonica in quantità non sostenibili per il pianeta. E le soluzioni realizzate nel corso degli ultimi 20 anni sono moltissime (anche se con fortune alterne). Ma, è un dato di fatto, la soluzione per il clima è lapalissiana, anche se non viene seguita su larga scala. Per quel che riguarda l’intelligenza artificiale, almeno per il momento, non sembra esserci un piano per limitare i possibili presenti, futuri e futuribili rischi. A differenza di Elon Musk e di altri esperti dell’informatica, il pioniere dell’intelligenza artificiale (che ha fatto la storia della ricerca scientifica applicata a quest’ambito con la pubblicazione – nel 1986 – del paper “Learning representations by back-propagating errors” (insieme a David E. Rumelhart e Ronald J. Williams), Hinton non è d’accordo con quel documento in cui si chiedeva a OpenAI di bloccare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Il motivo è semplice: occorre continuare a lavorare parallelamente alla creazione di normative ad hoc. E il solo modo per scongiurare i rischi è il lavoro.