Esperienze e proposte di un artista che vede le sue opere sfruttate dall’AI che fa l’arte digitale

Cosa pensa chi, dopo anni di lavoro, ha visto le sue opere sfruttate per addestrare l'intelligenza artificiale a fare - in pochissimo tempo - il suo lavoro? L'intervista a Greg Rutkowski

10/12/2022 di Ilaria Roncone

Nell’ambito del nostro approfondimento su Lensa AI – l’app che permette, caricando dei propri selfie, di avere un set di cinquanta foto del viso inserite all’interno di illustrazioni generate con un algoritmo che fa arte digitale – abbiamo toccato vari temi: che fine fanno i dati che forniamo volontariamente, come funziona l’intelligenza artificiale che può fare tutto questo, quali sono i rischi potenziali nell’utilizzo di questa tecnologia per scopi diversi. Abbiamo anche approfondito cosa comporta per gli artisti, che vedono sfruttare le proprie opere per addestrare queste tipologie di algoritmi, scegliendo di intervistare Greg Rutkowski, celebre illustratore che ha lavorato, tra gli altri, anche per Disney.

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L’esperienza di Greg Rutkowski con le sue opere sfruttate dall’AI arte digitale

La posizione di Rutkowski – che da mesi si occupa della tematica – è equilibrata ma molto decisa. Fare arte col digitale ha vantaggi molto importanti («Sicuramente il fatto che si può modificare qualsiasi cosa in qualsiasi momento e adattarla all’idea del cliente in modo molto più rapido e possibilmente più accurato»), però la questione dell’utilizzo delle opere per addestrare le intelligenze artificiali senza un esplicito consenso da parte degli artisti deve essere affrontata come si deve.

«Ho trovato molti dei miei lavori usati per addestrare generatori di IA – al di là di Lensa -: alcuni sono stati utilizzati nei programmi di addestramento per scopi personali, altri sono stati realizzati per i clienti e usarli senza autorizzazione non è solo una violazione di alcune leggi etiche, ma anche una possibile violazione dei diritti d’autore». Gli abbiamo chiesto se abbia mai provato a contattare le aziende proprietarie di queste applicazioni e degli algoritmi ma, a quanto pare, una discussione sulle opere non c’è mai stata: «Non ho contattato nessuna azienda di AI, né loro mi hanno contattato prima di usare i miei lavori nel loro database».

Su Have I Been Trained – strumento che permette agli artisti di capire se le proprie opere sono state utilizzate per addestrare questo o quell’algoritmo legato all’app che genera arte digitale del momento – l’illustratore si è fatto un’idea molto buona, definendolo «uno degli strumenti che ha aperto gli occhi a molti altri artisti che non erano a conoscenza del fatto che le loro opere erano state utilizzate nel programma di formazione».

La proposta di un artista per la regolamentazione

Come procedere nell’ambito di casistiche varie che mai sono state regolamentate prima? La proposta di chi in questo ambiente ci lavora fa appello alle istituzioni: «Il governo dovrebbe dare un’occhiata più da vicino ai database dell’intelligenza artificiale, perché ci sono molte immagini utilizzate senza autorizzazione, oltre a dati privati, cartelle cliniche e molte altre informazioni che non dovrebbero essere presenti. A mio parere, questa tecnologia dovrebbe essere controllata per non violare alcun diritto umano e per evolversi a un ritmo sicuro senza danneggiare nessuno dal punto di vista etico o legale».

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