La piattaforma per newsletter Substack accusata di favorire autori transfobici
Alcuni autori che utilizzando la piattaforma hanno accusato i fondatori di favorire la presenza e la pubblicazione di autori transfobici
21/03/2021 di Ilaria Roncone
Substack è una piattaforma online che permette la pubblicazione di newsletter che, negli Stati Uniti, viene utilizzata soprattutto da giornalisti e autori che vogliono parlare di tematiche di nicchia e che hanno un pubblico affezionato e disposto a pagare per i loro contenuti. Durante la pandemia sia gli autori che i lettori presenti su questa piattaforma, fondata nel 2017, sono aumentati. Gli autori possono creare una newsletter personale che i lettori possono finanziare su base mensile o annuale. Il 10% di questo denaro viene trattenuto dalla piattaforma. Il punto di forza di Substack è il sistema semplice e intuitivo per ottenere soldi dai lettori, ragione per cui ha attirato una serie di scrittori anche di altissimo profilo – seppure, in alcuni casi, offrendo loro sostanziose somme di denaro per cominciare come nei casi di Anne Helen Petersen e Matthew Yglesias, riporta il New Yorker -. Proprio da questo meccanismo derivano le accuse Substack transfobia dalle quali gli ideatori della piattaforma si sono difesi.
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Substack transfobia: le critiche per i cospicui anticipi ad autori transfobici
Le critiche arrivano dagli stessi scrittori che pubblicano sulla piattaforma. Visti i meccanismi di recruitment degli scrittori sembra proprio che si tratti più di una società di media che di una piattaforma tecnologica. Il dibattito non è di certo nuovo se si pensa che anche Facebook e altri giganti online come Amazon sono coinvolti. Tanti degli scrittori che hanno lasciato realtà più grandi per unirsi a Substack attirati dalla maggiore indipendenza editoriale e, proprio grazie a questo, Jude Ellison Sady Doyle – autrice femminista americana – ha citato alcuni colleghi (Yglesias, Glenn Greenwald e Freddie deBoer) cui sono stati dati «grossi anticipi di denaro» seppure siano «persone che odiano attivamente le persone e le donne trans, discutono incessantemente contro i nostri diritti civili e, in molti casi, hanno una storia pubblica di abusi diretti e brutali di persone trans e/o donne cis nel loro settore». Oltre a Doyle altri autori si sono ribellati, come la giornalista scientifica e scrittrice di fantascienza Annalee Newitz, che ha definito Substack una «truffa» poiché «per quel che ne sappiamo, ogni singola delle migliori newsletter di Substack è supportata dai soldi di Substack. Fino a quando Substack non rivela chi è esattamente sul suo libro paga, le sue promesse che chiunque può fare soldi con una newsletter sono contaminate».
La replica della piattaforma contro le accuse
Substack ha replicato tramite due post. Il primo è stato pubblicato dal co-fondatore Hamish McKenzie, che ha provato a spiegare la questione del pagamento anticipato: Substack Pro offre a scrittori selezionati un pagamento anticipato per il primo anno sulla piattaforma ma, dopo quell’anno, non c’è nessun tipo di fisso garantito e gli scrittori possono attingere al 90% di quello che guadagnano. Si tratta di «accordi decisionali aziendali, non editoriali», spiega McKenzie.
Sulla questione transfobia ha specificato che «non commissioniamo né modifichiamo storie. Non assumiamo scrittori né li gestiamo. Gli scrittori, non Substack, sono i proprietari. Nessuno scrive per Substack: scrivono per le proprie pubblicazioni». Nel secondo post i co-fondatori sostengono che nel programma pro più della metà sono donne, più di un terzo sono di colore e ci sono punti di vista diversi ma «nessuno che possa essere ragionevolmente interpretato come anti-trans», seppure non facendo nomi.
Le regole di Substack
I fondatori hanno affermato che continueranno « a richiedere a tutti gli scrittori di attenersi alle linee guida sui contenuti di Substack, che proteggono da molestie e minacce» aggiungendo anche che «ci atterremo a un approccio diretto alla censura, come stabilito nella nostra dichiarazione sulla nostra filosofia di moderazione dei contenuti». Newitz – come riporta Techcrunch – ha comunque sottolineato che è questione di trasparenza. «Se Substack non rende pubblica la lista di chi paga e gli scrittori in Pro» l’azione «è palesemente fuorviante per le persone che stanno cercando di capire se possono fare soldi sulla piattaforma» e toglie la possibilità di «verificare le affermazioni di Substack su come i suoi redattori siano su “tutti i lati” dello spettro politico».
(Immagine copertina: profilo Facebook Substack)