Le ulteriori modifiche ai termini di servizio di Zoom si contraddicono tra loro

Ci sono alcuni passaggi, aggiunti dopo le prime critiche, che non sono in linea con il testo stesso

09/08/2023 di Enzo Boldi

«Le abbiamo inserite, ma tranquilli: non utilizzeremo i vostri dati senza consenso». Questa è la sintesi della posizione di Zoom dopo le numerose critiche giunte dopo la modifica dei termini di servizio. I cambiamenti principali, infatti, riguardano l’utilizzo dei dati “del servizio” per l’addestramento dell’intelligenza artificiale, per gli strumenti di apprendimento automatico e i modelli di linguaggio. Il tutto senza un reale consenso esplicito (opt-in) da parte di chi utilizza la piattaforma – anche a scopo lavorativo – per le video-call e i video-meeting. Perché nel corso degli ultimi giorni, i termini di servizio sono stati nuovamente cambiati, ma con elementi che si contraddicono tra loro.

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Come abbiamo spiegato in precedenza, i punti in cui insistono i principali cambiamenti nell’assetto dei termini di servizio sono 2: i paragrafi 10.2 e 10.4. All’interno del testo, si parla esplicitamente di dati generali del servizio che saranno utilizzati per «apprendimento automatico o intelligenza artificiale (anche ai fini della formazione e messa a punto di algoritmi e modelli)», oltre che ai test e ai miglioramenti delle funzionalità stesse della piattaforma. Dunque, l’AI rompe gli argini anche su Zoom, anche se l’azienda sviluppa e monitora prodotti basati sull’intelligenza artificiale da diversi mesi.

Zoom, le modifiche dopo le critiche e le contraddizioni

Evidenze che hanno sollevato moltissime polemiche, per via dell’inconsistenza della possibilità di accettare o rifiutare l’utilizzo dei dati del servizio per l’addestramento dell’AI. I vertici dell’azienda hanno spiegato come, a ogni collegamento, sarà richiesto sia al cliente che ai partecipanti di aderire o meno (quindi, se dare il consenso o negarlo) all’utilizzo dei dati per lo sviluppo e l’allenamento dell’AI. Ma su questa eventualità ci sono moltissime perplessità. In particolare, raccogliamo quella di Sean Hogle, avvocato che si occupa di informatica e protezione della proprietà intellettuale:

«La nuova frase sul consenso dell’utente richiesto per addestrare le IA si applica solo ai “Contenuti del cliente“, non ai “Dati generati dal servizio“. Nel paragrafo 10.4, Zoom dice che “non utilizzerà contenuti audio, video o chat dei clienti per addestrare i nostri modelli di intelligenza artificiale senza il tuo consenso”. Il Contenuto del cliente è definito nel 10.1 ed è ampiamente formulato. Ma la prima parte dell’art. 10.2 afferma chiaramente che i “Contenuti del cliente” NON includono i “Dati generati dal servizio”». 

Ed è proprio qui uno dei vulnus della questione: i cosiddetti “dati generati dal servizio” sono definiti come «qualsiasi dato di telemetria, dati sull’utilizzo del prodotto, dati diagnostici e contenuti o dati simili che Zoom raccoglie o genera in relazione all’utilizzo dei Servizi da parte dell’utente o dei suoi utenti finali». Dunque, la contraddizione è evidente: la piattaforma è autorizzata all’utilizzo dei dati generati del servizio per ogni qualsivoglia scopo, in quanto quei dati non sono inclusi nel “contenuto del cliente”.

Le perplessità

Dunque, quella aggiunta in chiusura dell’articolo 10.4 dei termini di servizio (che recita «Nonostante quanto sopra, Zoom non utilizzerà contenuti audio, video o chat dei clienti per addestrare i nostri modelli di intelligenza artificiale senza il tuo consenso») è contraddittoria proprio per definizione. Una frase in cui si “assicura” che i contenuti derivanti da conversazioni audio-video (e scritte) non saranno utilizzati per addestrare i modelli di AI senza il consenso, è l’esatto emblema di come si sia tentato di mettere una toppa a una questione molto delicata.

A tutto ciò, inoltre, si aggiungono le definizioni inserite all’interno dell’articolo 10.4, quando si parla di “Concessione di licenza del cliente”. Chi utilizza Zoom, secondo quanto definito dai nuovi termini di servizio, concede alla piattaforma una licenza «perpetua, universale e non esclusiva» (tra le tante cose) relativa alle «opere derivate ed elaborare i Contenuti del Cliente e per compiere tutte le azioni relative ai Contenuti del Cliente». Dunque, altri tasselli contraddittori rispetto ai tentativi di correggere il tiro da parte dell’azienda.

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