Zoom addestra la sua AI con i dati utenti, ma senza il loro consenso
La modifica ai termini di servizio ha provocato molte polemiche, soprattutto per quei cambiamenti sul trattamento dati senza chiedere l'autorizzazione
09/08/2023 di Enzo Boldi
Ormai è tutto AI. Senza Intelligenza Artificiale sembra che nessuna azienda dell’ecosistema digitale sia più in grado di sviluppare strumenti o mantenere attivi quelli già diffusi in lungo e in largo. Questioni di tipo commerciale, per cercare di trovare una soluzione a quel mercato fagocitato dalla concorrenza che porta tutti a una lunga rincorsa verso la stessa direzione. E così succede che sui nuovi termini di servizio di Zoom, la famosa piattaforma per realizzare video-call e video-meeting, sia stata inserita quella classica chiave di volta relativa al trattamento dei dati degli utenti per addestrare (tra le tante cose) anche i modelli di AI. Perché ci sono polemiche? Perché questi cambiamenti non prevedono il consenso (il cosiddetto opt-in) dell’utente.
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Dal 7 agosto, data di entrata in vigore dei nuovi termini di servizio Zoom, i dati degli utenti che utilizzano la piattaforma (spesso usata anche per meeting lavorativi) saranno dunque utilizzati per l’addestramento dell’intelligenza artificiale e l’apprendimento automatico. Una questione già nota per l’uso di altri prodotti di altre aziende, ma con una questione che non può essere sottovalutata: Zoom non chiede il consenso diretto all’utente per poter utilizzare quei dati, anche se l’azienda ha provato a rassicurare che tutto ciò che viene trattato non sarà ceduto a terze parti. Questo, però, non cambia il paradigma delle critiche.
Nuovi termini di servizio Zoom, l’addestramento AI senza consenso
Le modifiche partono, in modo molto concreto, dal paragrafo 10.2 dei nuovi termini di servizio di Zoom, in cui si specificano i dettagli relativi ai dati generati dal servizio e all’utilizzo di tutto ciò:
«Acconsenti all’accesso, all’uso, alla raccolta, alla creazione, alla modifica, alla distribuzione, all’elaborazione, alla condivisione, alla manutenzione e all’archiviazione da parte di Zoom dei Dati generati dal servizio per qualsiasi scopo, nella misura e secondo le modalità consentite dalla legge applicabile, anche ai fini del prodotto e sviluppo di servizi, marketing, analisi, garanzia della qualità, apprendimento automatico o intelligenza artificiale (anche ai fini della formazione e messa a punto di algoritmi e modelli), formazione, test, miglioramento dei Servizi, Software o altri prodotti di Zoom, servizi e software, o qualsiasi loro combinazione, e come altrimenti previsto nel presente Contratto».
Dunque, dati utilizzati per lo sviluppo anche di modelli di apprendimento automatico o di intelligenza artificiale. Zoom, di fronte alle critiche sulla mancata richiesta di un consenso esplicito da parte degli utenti, ha replicato attraverso una breve dichiarazione del COO Aparna Bawa dove si spiega che i singoli clienti saranno avvisati con una notifica pop-up per concedere l’autorizzazione all’addestramento dell’AI. Sia chi è iscritto, sia chi partecipa a una call o a un meeting. In realtà, però, il paragrafo 10.4 contiene presupposti piuttosto inquietanti (con il testo che è stato modificato nella giornata di ieri):
«Accetti di concedere a Zoom una licenza perpetua, mondiale, non esclusiva, esente da royalty, sub-licenziabile e trasferibile e tutti gli altri diritti richiesti o necessari per ridistribuire, pubblicare, importare, accedere, utilizzare, archiviare, trasmettere, rivedere, divulgare, conservare, estrarre, modificare, riprodurre, condividere, utilizzare, visualizzare, copiare, distribuire, tradurre, trascrivere, creare opere derivate ed elaborare i Contenuti del cliente e per eseguire tutte le azioni relative ai Contenuti del cliente, inclusa la formazione AI e ML e test».
Dunque, licenza perpetua trasferibile e un’altra serie di verbi all’infinito che prevede anche la formazione dell’AI e dei modelli di linguaggio. Gli stessi per cui non è prevista l’opzione di rinuncia (perché non se ne parla al paragrafo 10.2).