Zangrillo torna in tv: «Ho preso una pausa perché volevo tutelarmi»
Il primario del San Raffaele è intervenuto a Non è l'Arena
19/10/2020 di Gianmichele Laino
Dopo una lunga pausa dalle telecamere, Alberto Zangrillo – primario del San Raffaele che il 31 maggio dichiarò che il coronavirus era clinicamente morto – è tornato in collegamento con Non è l’Arena, il programma di approfondimento di Massimo Giletti su La7. Lo ha fatto per chiarire alcuni aspetti e anche per rispondere alle parole molto forti di una parte della comunità scientifica che, nei giorni scorsi, lo ha accusato di aver contribuito a diffondere un’idea sbagliata sulla pericolosità dell’epidemia.
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Zangrillo da Giletti: «Volevo tutelarmi»
Il primario del San Raffaele ha affermato di essersi preso una pausa dalla televisione perché voleva autotutelarsi, visti i ripetuti attacchi che stava ricevendo. Tra questi, gli viene ricordato in studio anche quello di Massimo Galli, primario del Sacco, a cui però Zangrillo non ha intenzione di rispondere: «Io credo – dice Zangrillo – che attaccare i colleghi sia un esercizio non bello».
Di certo, il primario del San Raffaele riconosce che siamo di fronte a una situazione di contagi molto elevati e che, pertanto, le misure prese dal governo con l’ultimo Dpcm sono del tutto in linea con quanto sta accadendo nel Paese.
Zangrillo e i pazienti che potrebbero essere assistiti a casa
Ma ci sono anche degli aspetti che il primario è tornato a contestare, sempre dal punto di vista clinico: «Nella situazione del mio ospedale – dice – delle 100 persone ricoverate per coronavirus, almeno la metà potrebbe ricevere delle cure adeguate anche a livello domiciliare. Dobbiamo alleggerire la pressione sui nostri ospedali: è come un collo di bottiglia, se velocizziamo il suo riempimento, quest’ultima tracima. In questa situazione bisognerebbe essere più attenti a ogni livello dell’assistenza sanitaria, a partire da quella domiciliare».
Dunque, Zangrillo – in quest’ultima apparizione televisiva – ha cercato di spegnere il fuoco della polemica. Ha riconosciuto che in Italia il numero dei contagi è cresciuto e che la situazione degli ospedali, se dovesse continuare in questo modo, potrebbe essere difficile da gestire. Ai vaccini, infine, dedica uno degli ultimi passaggi: «Il vaccino è senza dubbio indispensabile – afferma – ma per vaccinare il 60% della popolazione mondiale serviranno almeno 3 o 4 anni».