Gli Stati Uniti ‘dichiarano guerra’ a Google e Facebook per le pubblicità

La causa partita dal Texas dopo un accordo del 2018 che penalizzerebbe la concorrenza

17/12/2020 di Enzo Boldi

Advertising space. Non è solo il titolo di un noto brano cantato da Robbie Williams, ma è anche il tema cardine su cui si basa la causa degli Usa contro Google e Facebook. Tutto è partito dal Texas che poi è riuscito a coinvolgere anche i procuratori generali di altri nove Stati: l’accordo sancito tra i due colossi del web nel 2018 sulle pubblicità starebbe, infatti, penalizzando la concorrenza nel libero mercato. Insomma, l’accusa è sempre la stessa e si ripercuote anche sul social network: si sfrutta la posizione dominante (e di monopolio) per per abusare del proprio potere sul mercato. Anche quello pubblicitario.

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Due anni dopo, secondo i dieci stati Usa, gli effetti di quell’accordo hanno portato a evidenti squilibri all’interno delle dinamiche pubblicitarie nel web, con Google che avrebbe favorito proprio il social network di Mark Zuckerberg dirottando molte più inserzioni pubblicitarie lì rispetto al resto dell’infinita marea del web. Il colosso del web ha usato, secondo il procuratore generale texano Ken Paxton «il suo potere per manipolare il mercato, distruggere la competizione e danneggiare i consumatori».

Usa contro Google e Facebook dopo l’accordo sulle pubblicità

La questione è molto delicata e va a toccare un aspetto che, inconsapevolmente, condiziona le abitudini di tutti gli utenti. Nelle 118 pagine della causa Usa contro Google e Facebook si fa anche riferimento ad altri danni provocati da quell’accordo, arrivato «sino a monopolizzare il mercato delle pubblicazioni e dei server e proiettare il suo exchange pubblicitario al primo posto, pur avendo fatto il proprio ingresso in quei mercati assai più tardi della competizione».

Il monopolio sul web

Insomma, l’accusa parla di un monopolio indiscusso e di abuso della posizione dominante che, con l’accordo sancito nel 2018, ha visto una grande quantità di inserzioni pubblicitarie destinate al social di Mark Zuckerberg, lasciando al palo tutte le altre piattaforme e il resto del web.

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