Cosa è successo, per qualche giorno, a chi scriveva “twitter.com” su X

Il tentativo di redirect è stato fallimentare, provocando anche possibili problemi di sicurezza informatica

15/04/2024 di Enzo Boldi

Probabilmente era stanco di vedere comparire il vecchio nome di quella piattaforma acquistata per 44 miliardi di dollari. Probabilmente voleva venissero cancellati quei 16 anni sotto la gestione precedente per far risaltare quella sua operazione collegata all’enorme ecosistema di aziende che rispondo tutte a una lettera ben precisa: “X”. Sta di fatto che il maldestro tentativo di reindirizzare ogni link riferito a Twitter su X si è trasformato nell’ennesimo incidente di percorso dell’epopea social di Elon Musk.

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L’esperimento – fallimentare sia per come è stato gestito (senza alcun avviso) sia per la soluzione “tecnica” utilizzata – ha fatto acqua da tutte le parti. In pratica, l’obiettivo era quello di far sparire da ogni post su X (e dai tweet precedenti al cambio di denominazione) ogni riferimento a Twitter, il nome della piattaforma fino al luglio del 2023. Insomma, ogni link condiviso “twitter.com” è diventato x.com. A parte la violazione dei termini di contratto – che prevedono che solo l’utente titolare dell’account possa modificare un post (con annesso avviso agli altri utenti sul fatto che ci sia stata una modifica) – tutto ciò ha provocato grande imbarazzo anche per possibili rischi di sicurezza.

Twitter su X, come Musk ha provato il redirect

Ma di cosa stiamo parlando? Per capire esattamente la vicenda di “Twitter su X”, prendiamo alcuni esempi condivisi da alcuni utenti sulla piattaforma stessa.

E questo non accade solamente au nuovi post. Le modifiche, senza consenso da parte degli utenti, sono avvenute automaticamente anche su tutti i vecchi tweet. Dunque, si tratta di una violazione dei termini di servizio da parte della stessa piattaforma. E se tutto ciò non bastasse, il grande caos è arrivato quando si è scoperta la “strategia” utilizzata da X per fare questo reindirizzamento.

Gli altri problemi

In pratica, tutti quei siti “.com” il cui dominio terminava in “x” erano coinvolti in questa paradossale e superficiale (per gestione) operazione. Chi scriveva su X un dominio come netflitwitter.com, vedeva il tutto modificato automaticamente in netflix.com. Stesso discorso, per fare solo un altro esempio, per quel che riguarda aziende come Fedex. Insomma, il principio utilizzato per questo redirect era del tutto privo di senso, facendo crescere il rischio di spoofing e phishing, come spiegato in un ulteriore approfondimento su questa vicenda.

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