L’allergia di Elon Musk al diritto d’autore (degli altri)

La causa intentata dai grandi editori musicali americani è solo la punta dell'iceberg

21/06/2023 di Enzo Boldi

Il problema era nato prima dell’arrivo di Elon Musk e ora la situazione non solo non è migliorata, ma è peggiorata con la causa intentata dalla National Music Publishers’ Association (NMPA) – l’associazione che racchiude i grandi editori musicali statunitensi – nei confronti della sua piattaforma social. Perché i rapporti tra Twitter e il copyright non sono mai stati così tesi e ora l’azienda rischia di dover pagare a caro prezzo il mancato accordo di licenza, con un risarcimento che potrebbe sfiorare (secondo quanto richiesto dall’accusa) i 255 milioni di dollari.

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La genesi è lontana nel tempo. Per la natura stessa della prima idea della piattaforma – quella di ospitare esclusivamente contenuti testuali brevi) – Twitter, a differenza degli altri social network (Instagram, TikTok, Facebook e Snapchat per fare alcuni esempio) non si era mai seduta al tavolo delle trattative con i grandi editori musicali (che siano etichette, produttori o associazioni che gestiscono le royalties derivanti dal diritto d’autore). Poi, il grande cambiamento: non più un social esclusivamente testuale, ma una piattaforma in grado di ospitare fotografie, video, contenuti audio e altro. Fino all’arrivo di “Twitter Blue“, fortemente voluto da Elon Musk, che consente agli iscritti-abbonati di caricare filmati lunghi fino a 120 minuti. Insomma, è cambiato completamente il paradigma di cosa può essere pubblicato.

Twitter e copyright, Elon Musk è allergico al diritto d’autore

Nei mesi precedenti all’interessamento e al complicato acquisto da parte di Elon Musk, i vertici di Twitter avevano iniziato a dialogare costantemente con i grandi editori musicali americani, alla ricerca di un accordo che non è mai arrivato. Si parla di una trattativa da 100 milioni di dollari l’anno che si è definitivamente arenata con l’acquisizione da parte del fondatore di Tesla. Un imprenditore che da sempre ha un’idea ben precisa del Digital Millennium Copyright Act.

«Una piaga per l’umanità», l’ha definito poco più di 12 mesi fa sostenendo che la legge americana che va a implementare la difesa del diritto d’autore delle opere (di qualsiasi tipo) coperte da copyright vada «ben oltre la protezione del creatore originale».

Il Digital Millennium Copyright Act

All’epoca del tweet, Elon Musk ancora non era diventato il “capo di Twitter”, ma già erano in corso le complesse trattative che hanno poi portato all’acquisizione dell’azienda. Ma l’imprenditore aveva delle considerazioni molto negative (per utilizzare un eufemismo) rispetto al DMCA. Ma di cosa stiamo parlando? Si tratta di una legge americana – a cui Twitter aderisce, obbligatoriamente, ma secondo l’industria musicale americana lo fa in modo tardivo – approvata nell’ottobre del 1998, andando a implementare le norme stabilite, due anni prima, dai trattati stipulati dall’Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale. Uno strumento, un punto di riferimento, che – tra le altre cose – obbliga le piattaforme digitali (come i social network) a rimuovere i contenuti che violano il diritto d’autore di un’opera, di qualsiasi genere essa sia. Il Digital Millennium Copyright Act ha due obiettivi ben precisi:

  1. Fornire protezione legale per le tecnologie di protezione dei diritti d’autore utilizzate per proteggere i contenuti digitali, impedendo la copia non autorizzata o la distribuzione di contenuti digitali protetti.
  2. Fornire una procedura legale per rimuovere i contenuti online che violano i diritti d’autore. I soggetti (persone e organizzazioni) che ritengono che i loro diritti d’autore siano stati violati, possono presentare una notifica di rimozione DMCA alle piattaforme online che ospitano i contenuti in questione. Piattaforma che deve rimuovere quel materiale.

Un impianto normativo che ha dato ispirazione anche alla vecchia (ora modificata per rimanere al passo con i tempi e con l’evoluzione tecnologica) legge sul copyright nell’Unione Europea. Infatti, il DMCA ha valore esclusivamente all’interno dei confini americani. E oggi, alcune di quelle prescrizioni sono state inserite anche all’interno del Digital Service Act (DSA). E non sembra casuale la scelta di Elon Musk di rimuovere Twitter dalla partecipazione (volontaria) al codice di condotta europeo.

Il “caso” Milo Manara

Ma quando si parla di Twitter e copyright e dell’allergia di Elon Musk al diritto d’autore, non si può non fare riferimento a un episodio avvenuto proprio all’interno della piattaforma social nei mesi finali dello scorso anno. L’imprenditore, in barba al diritto d’autore, utilizzò un’opera di Milo Manara per realizzare un meme da condividere con i suoi follower.

Il fumettista e disegnatore italiano rispose con una sagace ironia, pubblicando una nuova versione modificata di quel suo disegno sulla sua pagina Facebook. Il tutto accompagnato da queste frasi: «Vorrei che Elon Musk fosse obbligato a twittare mille volte: non userò mai più i disegni di Milo Manara senza permesso. Non userò mai più i disegni di Milo Manara senza permesso. Non userò mai più…Che ne dite se gli faccio causa, chiedendogli 44Bn di $ di risarcimento? Così potrei ricomprare Twitter e ridarlo in gestione a qualcun altro». Non pensiamo che Manara sia andato realmente avanti intentando una causa contro l’imprenditore. Ma, nonostante il clamore mediatico (il fumettista italiano è famoso, ad altissimi livelli, in tutto il mondo), Elon Musk non ha neanche pensato di rimuovere quel tweet. Come al solito. Come testimoniato del rapporto di lentezza tra Twitter e copyright, gestito da chi non ha alcuna intenzione di difendere il diritto d’autore altrui. La testimonianza finale? La rivista Louder Sound ha inviato una mail all’ufficio stampa di Twitter per chiedere un commento sulla causa intentata dall’industria musicale americana. In risposta hanno ottenuto un’emoticon: quella della cacca sorridente.

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