Perché i casi di Temu e di Shein fotografano due aspetti della Cina

Quando si parla di grandi aziende del digitale, è opportuno sempre fare riferimento al loro effetto geopolitico

22/08/2023 di Gianmichele Laino

La differenza più importante salta agli occhi immediatamente. Temu e Shein non presidiano lo stesso settore di mercato, sebbene i meccanismi di funzionamento delle due piattaforme e anche i segmenti di pubblico a cui si rivolgono siano gli stessi. Temu è una piattaforma di e-commerce vera e propria, mentre invece Shein si occupa in prevalenza di abbigliamento e di accessori. Tuttavia, alcuni segmenti dei suoi prodotti sono sovrapponibili, anche se il principio di produzione è diverso: mentre Shein rappresenta una sorta di galassia di produttori del tessile (che teoricamente sono indipendenti), Temu funziona molto di più come marketplace, ovvero come punto vendita puro di cose realizzate e prodotte da altri. Entrambi, tuttavia, vanno alla conquista del mercato occidentale, cercando soprattutto negli Stati Uniti degli sbocchi significativi per potersi affermare. Ma invece di fare cartello nei confronti di grandi realtà occidentali – Amazon prima fra tutte – sembrano più interessate a farsi la guerra tra loro.

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Temu e Shein, quali sono le differenze e perché rappresentano due visioni diverse della Cina

Temu e Shein rappresentano due facce della stessa medaglia, ma anche due visioni diverse della Cina. Quasi dal punto di vista geopolitico. Non si tratta – a differenza delle passate esperienze di aziende cinesi del digitale che sembravano rispondere a una strategia unitaria per affermarsi sul mercato occidentale (TikTok e Alibaba ne sanno qualcosa) – di due modelli che sembrano compatibili tra loro, che potrebbero coesistere senza fagocitarsi tra loro. Le strategie che stanno adottando – oltre ai mondi dai quali provengono – sembrano letteralmente fratricide. E non escludono colpi bassi, come dimostra anche la guerra a suon di carte bollate che i due colossi stanno facendo tra loro negli Stati Uniti (parleremo in un altro articolo del nostro monografico dell’abuso di posizione dominante che Temu contesta a Shein e della risposta, da parte di quest’ultima, che contesta alla rivale la violazione della proprietà intellettuale).

Partiamo però da un principio: Temu e Shein vengono da due mondi diversi. Temu, di più recente costituzione, è figlia di un gruppo di imprenditori (la Pinduoduo Holdings) attiva dal 2019. E-commerce sì, ma sempre orientato al contatto tra produttori e consumatori. Shein risponde a delle esigenze diverse: si fa essa stessa produttrice, attraverso il sistema che porta diverse aziende tessili indipendenti a cercare la protezione sotto il grande (e remunerativo) cappello di Shein, che garantisce loro visibilità e internazionalizzazione. E non è un caso che questo modello, fondato nel 2008 ma esploso nel 2020, possa garantire (nell’anno appena trascorso) 30 miliardi di dollari di fatturato, con 74 milioni di utenti attivi.

A queste cifre, Temu punta ad arrivare nel 2027. Per il momento, il suo obiettivo sembra quello di imitare la vasta cassa di risonanza sui social network che ha portato Shein a essere tra i brand più discussi su TikTok negli ultimi anni e quello di provare ad acquisire in questo modo una fetta importante dei potenziali clienti di Shein. Si compete per campi diversi, insomma, ma sullo stesso terreno di gioco.

I mercati occidentali dovevano ben guardarsi dal mondo del fast-fashion cinese che trova una sua dimensione internazionale nelle piattaforme digitali, già quando Shein aveva iniziato a macinare profitti. Adesso, con l’arrivo di Temu, sembrano stretti in una doppia tenaglia. Non è un caso che le tensioni geopolitiche stiano crescendo e che l’app di Pinduoduo (la società di Temu, appunto) sia stata bandita perché presentava – a giudizio dei moderatori del Google Play Store – dei problemi di sicurezza legati a possibili malware.

In aprile, gli Stati Uniti avevano puntato il dito su entrambe le realtà, soprattutto per il loro essere invasivi nei confronti dei dati personali (anche se le app di Temu richiede meno dati personali rispetto a quella di Shein), mentre era proprio lì che i due colossi cinesi (uno già affermato, l’altro rampante) si stavano fronteggiando in un derby interno di natura legale. Insomma, un inedito: in passato, nel mondo in cui si intrecciano digitale e politica, le grandi aziende statunitensi avevano dovuto far fronte – una alla volta – a un nuovo competitor arrivato dalla Cina. Oggi, approfittando delle tensioni tra le due proprietà, si potrebbero configurare degli scenari diversi: cosa succederebbe se Shein o Temu trovassero un qualche accordo con le grandi realtà occidentali?

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